I migliori album shoegaze e dream pop del 2019

Che immagine ha dato di sé lo shoegaze nel 2019? È una domanda interessante alla quale cercheremo di dare una risposta più precisa allargando lo sguardo all’intero decennio, cioè quando affronteremo la top 20 degli anni Dieci. Nel frattempo vale la pena sottolineare come il 2019 abbia dato alcune indicazioni interessanti. La prima: lo shoegaze italiano continua a risplendere in una bellissima nicchia che trova però più sponde all’estero che da noi. Il ritorno a casa dei Cosmetic (che da anni bazzicavano dalle parti dell’indie rock e che con Plastergaze si sono nuovamente innamorati di riverberi ed epicità), la sorpresa dei We Melt Chocolate, il talento di True Sleeper, il fragore esistenzialista di Alberto Almas, la conferma dei Be Forest, il ka-boom dei Rev Rev Rev: in tutta sincerità, questa è una squadra che non si trova facilmente in giro. La seconda indicazione è il riemergere della chitarra ultradistorta alla vecchia maniera: DIIV, Whirr e Greet Death ci dicono che rock alternativo + shoegaze = fuoco e fiamme. E poi ci sono quei gruppi che hanno lasciato un impatto a dir poco profondo nei nostri ascolti degli ultimi dodici mesi, dai Blankenberge agli Stargazer Lilies. Ovvero, gli insuperabili nuovi maestri della nostra musica preferita.

20. We Melt Chocolate, We Melt Chocolate

we melt chocolate

Si era scritto, a proposito dei We Melt Chocolate: “C’è bisogno anche di loro nella piccola ma combattiva scena italogaze”. La cosa bella è che se n’è accorta anche Dkfm, una delle principali radio shoegaze mondiali, che ha dedicato una bella vetrina a questa band fiorentina dai suoni acquatici e dalla malinconia tangibile. Bene, bravi, bis (e tris, e così via).

19. Japanese Heart Software, Lonely hearts

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L’amore per questo progetto di dream pop retrofuturista è scattato immediatamente già con il nome, che è una citazione di un brano dei Pia Fraus, nume tutelare della scena shoegaze a cavallo degli ultimi due decenni. Japanese Heart Software ti invita al suo ballo dolce e un po’ triste di riverberi morbidi e di solitudini accennate. Uno di quei dischi da ascoltare mentre il mondo, lì fuori, si contorce nel proprio caos urbano.

18. Sasami, Sasami

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Una giovane voce femminile con l’urgenza di esprimersi, di raccontare storie d’amore e di perdite, a ritmo di synth delicati e percussioni deboli. Dall’incipit alla fine, questo album trasmette delle emozioni coerenti, in cui si va disegnando una bozza sempre più fitta di rumori e distorsioni sporche e amare. Sasami è una promessa di sincerità e purezza. (Ilaria Sponda)

17. Shady Bug, Lemon lime

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Ho chiesto a quattro persone che si intendono davvero di musica che genere fosse quello degli Shady Bug. Mi hanno dato cinque risposte diverse. Non è una sorpresa, perché effettivamente questi ragazzi mettono dentro tutto quello che è stato rock indipendente negli ultimi vent’anni: c’è lo scazzo indie, il fragore gaze, la scomposizione post, la fruibilità pop. Premi play, dunque, e dammi qualche altro spunto.

16. Burning House, Anthropocene

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Inglesi di nascita, i Burning House hanno rilasciato quest’anno il loro debut album, un vero e proprio concept che affonda le radici nella mente profonda di Aaron Mills, voce e chitarra del gruppo. Vagamente mediorientali, sicuramente ipnotici, senz’altro caotici, creano un senso di non finitezza, come se ogni suono si sviluppasse a un’altezza a se stante. (Ilaria Sponda)

15. Westkust, Westkust

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I Westkust sono limpidi e diretti, non hanno bisogno di giochi di specchi né di maschere da indossare per mettersi in posa. Sono ruvidi, giocosi e tosti mentre costruiscono traccia dopo traccia muri di suono alti così. Dall’album del 2015 (Last Forever) la formazione è cambiata: restano la talentuosa voce e chitarra della Bjernelind e il batterista, punti cardine su cui si ricostruisce un’identità (che ci piace). (Ilaria Sponda)

14. Whirr, Feels like you

whirr feels like you

Questo disco doveva essere lo scacco matto allo spezzatino tecnologico di oggi, che riduce la musica a un affare di algoritmi e compressione dati: i Whirr avevano deciso di pubblicarlo solo in vinile, solo che poi è diventato ascoltabile ovunque (senza alcuna autorizzazione, ovviamente). Così la band ha deciso di pubblicare una versione in digitale (qui) che però non è possibile ascoltare in streaming. È un bel disco. C’è la corteccia ruvida e il sussurro tiepido: non serve chiedere altro, insomma.

13. Trentemøller, Obverse

Trentemoller - obverse

Il producer danese ora più che mai svela le carte e compie una scelta di campo forse irreversibile e sicuramente azzeccata, perché Obverse è il suo miglior lavoroTrentemøller incrocia i flussi della techno e del dream pop e fa esplodere un suono che è denso e rallentato, carico di bassi e luccicante di riverberi, modernissimo nel suo ripescaggio dell’epica shoegaze dei bei tempi che furono.

12. Alberto Almas, L’amor te

alberto almas

Il disco più disperato, poetico, drammatico, straziante, devastante, nichilista, ossessivo, grezzo, disturbante, violento, ribelle, irruento, dirompente, minimale, scuro, hardcore, intransigente che sia uscito quest’anno. Alberto Almas uno di noi. E noi sempre al fianco di Alberto Almas.

11. DIIV, Deceiver

Diiv

I DIIV sono tornati con un sound più oscuro del solito, astratto e di una durezza marziale e nervosa. Strapiombi di feedback e depressioni di riverberi caldi costellano Deceiver conferendogli un ritmo per nulla scontato. C’è anche mistica sensualità a celarsi sotto gli strati rocciosi e terrosi, che va a macchiare il flusso melodico di un’aura di dipendenza e alienazione ipnotica. (Ilaria Sponda)

10. Lightning Bug, October song

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La musica giusta è quella che ti viene in soccorso quando lanci un sos nell’indifferenza del mondo intero. I Lightning Bug di October song, con il loro dream pop dolente ed empatico, sono lì che ti garantiscono cuore, anima, compassione e tutto ciò che serve per ridare colore al mondo e calore alla tua tristezza.

9. True Sleeper, Life happened

True Sleeper

Strati e strati sonori, che si risolvono in nodi emotivi dall’importante peso specifico. Questo è il primo album di Marco Barzetti, alias True Sleeper, già Weird. e ora con i Sonic Jesus. È bello pensare a Life happened come a una traccia unica, un flusso sonoro che tocca shoegaze e noise-rock passando per il dream pop, una fioritura dalle mille sfumature. (Ilaria Sponda)

8. Cosmetic, Plastergaze

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Una band nata dalle matrici del suono degli anni Novanta, ma capace di non ancorarsi al passato. La nostalgia c’è, ma solo nelle parole oneste e semplici incastonate su basi distorte e noisy, dove la batteria detta il passo ai battiti del cuore di chi ascolta. Le chitarre sono sfacciate, dure e presenti, le voci oniriche eppure ben presenti. I Cosmetic sanno essere riflessivi ma, soprattutto, sanno il fatto loro. (Ilaria Sponda)

7. Be Forest, Knocturne

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Un’opera in due atti, oscuri, densi di riverberi e ossessivamente pulsanti. Atto I: ghiacci e tenebre, luci in evanescenza. Atto II: calma, severa austerità e angoscia viscerale. I Be Forest sono riusciti a scostarsi dall’etichetta di genere e a delineare i propri tratti peculiari. La loro musica è catarsi, espressione dell’inconscio personale ma collettivo, atto di un rito ancestrale. (Ilaria Sponda)

6. Wy, Softie

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Il duo svedese Wy ha sovvertito le carte in tavola facendo dei riverberi un fertile campo per atmosfere sognanti e sacrali. C’è ottimismo, c’è una voce che si staglia cristallina e lucida sulle trame melodiche oneste. Un crescendo di sentimenti mai esagerati e mai ridicoli si districa per tutta la durata dell’album : equilibrio ed efficienza – è risaputo – sono la base della mentalità nordica. (Ilaria Sponda)

5. Greet Death, New hell

È stata l’ultima bomba del 2019, che ha cambiato le gerarchie e che ha dato un senso e una direzione a un certo tipo di shoegaze, ovvero quello che mastica grunge e Slowdive nella stessa portata. New hell pare un lavoro di veterani, e invece questi tre ragazzi hanno ancora un cammino lunghissimo davanti a loro, come racconta la bellissima chiusura del brano che dà il titolo al disco (e che accompagnerà a lungo i nostri sospiri nei momenti più neri).

4. Rev Rev Rev, Kykeon

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Clutching the blade e One illusion is better than another avevano posto delle premesse importanti che il nuovo capolavoro dei Rev Rev Rev, Kykeon, uscito per la prestigiosa Fuzz Club, non ha smentito: il viaggio scandito dalle sonorità meccaniche e dai brusii graffianti e alienanti è un itinerario di iniziazione nato da un rito misterico. (Ilaria Sponda)

3. American Football, Lp3

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Gli America Football parlano di noi. E dicono tutto. Perché sembra che il tempo non abbia infranto il talento di chi una vita fa raccontava la timidezza al suo livello base e oggi si ritrova a fare i conti con una nuova esistenza, in cui i vecchi errori sono stati sostituiti da nuovi sbagli che hanno reso il mondo un luogo abitato da persone spiacevolmente insensibili. La musica priva di appigli concreti – che genere fanno davvero? – sembra reinventare il dream pop, accantonando ogni rigore stilistico fine a se stesso in favore di un suono di cui solo loro conoscono l’assoluta magia.

2. The Stargazer Lilies, Occabot

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È un ascolto in cui il suono tende a sommergere, invadere, conquistare. Gli Stargazer Lilies non ti lasciano scampo e non concedono tregua: è shoegaze del trentesimo secolo, reinventato – anzi, trasfigurato – attraverso un approccio al rumore che prevede graffi, svirgolate e distorsioni sature di psichedelia. È un disco con un una coerenza sonica inattaccabile. È l’album più sorprendente dell’anno per l’ambizione che ha, per la scrittura che possiede, per l’impatto devastante che promette (e mantiene). Se alzi troppo il volume, gli Stargazer Lilies rischiano di spaccare in mille pezzo lo spazio e il tempo, aprendo varchi in dimensioni sconosciute dai colori mai visti: e allora sì che ci divertiamo.

1. Blankenberge, More

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Era aprile, i fiori profumavano e l’aria era fresca: l’energia dei russi Blankenberge non poteva arrivare in un momento migliore. Le chitarre giocano con il basso, la voce è uno strumento aggiunto che gonfia tutti gli altri e su cui la batteria fa balzi tachicardiaci. Uno shoegaze compatto, denso e intricato. Il di più che ci aspettavamo da questo anno e che è arrivato. (Ilaria Sponda)