Ricordo che da ragazzino volevo diventare Billy Corgan. Tutto quello che faceva con gli Smashing Pumpkins era semplicemente perfetto: non sbagliava mai una canzone, soprattutto quando decideva che era giunto il momento di spaccare i timpani e travolgere il mondo – e quando lo faceva sembrava che scuotesse l’intero universo direttamente dal centro dell’inferno. Provavo anch’io a fare le stesse robe, solo che ero senza un gruppo, senza un microfono, senza un amplificatore, senza pedalini e senza Stratocaster. Avevo soltanto una chitarra classica economica ma a modo suo gagliarda, con cui suonavo come un disperato eroe grunge delle canzoni piene di lamenti assordanti e di riff che mi immaginavo mastodontici ma che erano scarichi di vera sofferenza e di tangibile elettricità. Ecco, i Greet Death riprendono il discorso da dove l’avevo interrotto troppi anni fa e gli donano un vigore rinnovato e compiuto. New hell, il secondo album, è un disco bello che fonde rock alternativo e shoegaze: in pratica è la sintesi tra i Pumpkins di Hummer e gli Slowdive di When the sun hits – roba non da poco, insomma. Circles of hell è dirompente nella sua alternanza di dolcezza e fragore – quel suono potente ma dolente che sembra grattare via pezzi di cuore e schegge di anima, nota dopo nota. Do you feel nothing riporta in vita il nichilismo epico dei My Vitriol e lo rende ancora più netto, dritto, senza timori. E poi il finale infinito della traccia che dà il titolo al disco: dura nove minuti, ne vorrei almeno altri diciotto. Se ti piacciono le canzoni che si schiantano in faccia, questo disco ti annienterà. Premi play e ascolta l’ultima bomba di questo 2019.
Greet Death, “New hell”. Questo disco ti annienterà
