Prima di elencare i 20 migliori album shoegaze e dream pop del 2024, bisogna fare una premessa. Qualche tempo fa, su Reddit, qualcuno ha riproposto la classica lamentela che proviene da chi non conosce questa musica. «Perché la maggior parte delle nuove band shoegaze suonano allo stesso modo? 💔💔». C’è chi ha risposto nella maniera più ragionevole: «Quante nuove band shoegaze hai ascoltato? Ce ne sono letteralmente centinaia e tu sostieni che sono tutte uguali?». Esatto. Ma l’utente insiste: «Sì, il 99% di loro suonano come i Whirr». Qui sotto la schermata, postata da un attivista shoegaze, Rob Barnes.

L’episodio è interessante intanto perché ci dice che persino nel nostro mondo c’è una scarsa curiosità e si tende ad avere un ascolto superficiale: si parla solo degli album che conoscono tutti. E poi perché ricalca il solito stereotipo, però da un punto di vista inedito: non più i My Bloody Valentine, insomma, ma i Whirr, i Nothing, persino i Deftones. C’è in effetti un ritorno a sonorità muscolari e humbucker, quasi grunge, un cambio stilistico che sta alimentando una nuova era per la musica che amiamo di più. Ma la faccenda, come si vedrà in questa classifica, non si esaurisce qui: basta premere play per rendersene conto. In ogni caso, pare che sia arrivato il momento di fare i conti con lo shoegaze, che dopo aver conquistato le tendenze giovanili di TikTok potrebbe essere a un passo dallo sdoganamento definitivo nel mainstream. La copertina che NME ha dedicato ai julie e il successo sorprendente di Wisp potrebbero essere infatti il segno di un rinnovato status quo del rock dopo lo sconquasso del post punk britannico.
La “sospensione” dei Giardini Di Mirò
In Italia, si sa, è tutto più difficile. In una discografia diventata cuccagna per chi bada al sodo ed evita le sfumature, la scena alternativa sembra in crisi. La sospensione delle attività dei Giardini Di Mirò rappresenta non solo un grande dispiacere, ma anche un evento simbolico: erano forse tra gli ultimi di una stagione con meno furbizie comunicative e più rigore artistico, in cui chiunque – basti pensare ai Red Worms’ Farm o agli Yuppie Flu – allargava il proprio orizzonte ben al di là del testardo mercato di canzoni italiane per gente italiana. A un certo punto però i protagonisti sono cambiati e le barriere tra indie e mainstream sono crollate non per motivi artistici (che non sarebbe stato un male, anzi), bensì economici. Con le dovute e salutari eccezioni, la contaminazione ha finito per banalizzare l’indie, arricchire il mainstream e, in definitiva, rovinare tutto. Eppure.
Il ritorno delle band
La stagione felice dello shoegaze nostrano è proseguita anche nel 2024 con alcuni progetti che hanno avuto la capacità di saper rompere il silenzio mediatico attorno al rock indipendente: i Chiaroscuro, che si sono fatti conoscere su TikTok e ora devastano i loro strumenti in concerti che si dice siano incendiari, e i Mondaze, finiti in copertina sulla playlist Rock Italia di Spotify. E poi ancora swan•seas, Brina, Heaven Or Las Vegas, Ultranøia, Saint Mary Candy: non tutti fanno parte di questa classifica, ma tutti – e non solo loro – hanno fatto parte dei nostri ascolti. Questi 20 album shoegaze e dream pop sono solo un piccolo assaggio di una meraviglia più grande.
P.S.
E lo so: questi anni Venti sembrano un costante scivolamento verso l’abisso. Ma mi piace citare Fabio Concato: «La musica è un pronto soccorso dell’anima». Ripartiamo da qui.
20. The Fauns, How lost

Nascosti per dieci anni, i Fauns hanno recuperato un po’ di cose non dette e pubblicato un album shoegaze che nel mio immaginario pare remixato da un ingegnoso dj eccentrico di fine anni Ottanta. Energie e sinergie dal passato, suoni vivaci e patinati, estrose soluzioni di disco dance new wave in un nuovo spazio-tempo alienante. Potrebbe essere la colonna sonora di un videogame di auto sportive, con quel sensuale cantato perduto in beat sonori da galleria luminosa e acceleratore a tavoletta. Include l’adorabile cover Doot-Doot dei Freur. (Agnese Leda)
19. Blushing, Sugarcoat

La doppia coppia texana Blushing non delude nemmeno nel 2024, anzi fa tris con un terzo album che consigliamo vivamente. Ricoperti di grande sinergia e intesa, oltre che di glassa zuccherosa che cola da ogni linea vocale, la band ci regala un sound potente e distorto, valorizzato da un’ottima produzione che rende ogni brano interessante. Si resta sempre coinvolti e affascinati dalla forza che anima questo gruppo. (Agnese Leda)
18. Mondaze, Linger

Si fa fatica a immaginare dove possano arrivare i Mondaze. Hanno numeri che cominciano a essere molto interessanti, una considerazione all’estero in costante crescita e, soprattutto, un suono da far spavento. Il nuovo album, Linger, conferma quanto già era emerso con il precedente Late bloom: un disco compatto, potente e credibile. In un periodo in cui l’ibridazione tra grunge e shoegaze sta diventando la regola, loro hanno perfezionato la ricetta. Ed eccoli lì, pronti.
17. DIIV, Frog in boiling water

Difficile aggiungere qualcosa di più al racconto che il nostro Giuseppe Musto ha fatto del bellissimo concerto milanese dello scorso novembre. I DIIV proseguono lungo lo stesso sentiero di carboni ardenti e chitarre pesanti di Deceiver, il disco precedente, indicando la strada a tutta una nuova generazione di band che ha trovato in questi brani torridi e cadenzati un modello da studiare, seguire, amare.
16. Burrrn, Without you

La formazione giapponese segue il copione ormai classico dello shoegaze: una pausa lunghissima (stavolta di circa tredici anni) e il ritorno a sorpresa. Ci sono le armonie sornione di Your sweetness, il colossale muro sonoro di Full of light (molto vicino ai My Bloody Valentine), l’esuberanza declinata Astrobrite di Passing rain e l’esaltante scorribanda strumentale di Destruction. Ora che abbiamo ricominciato a divertirci, però, cercate di non sparire di nuovo.
15. Trentemøller, Dreamweaver

Trentemøller si rivolge a quel gruppo di appassionati shoegazer che preferisce assaporare la vita con grande nostalgia post punk. L’elettronica di Anders oggi infatti dilaga su fantastici sogni oscuri, mentre la bella voce di DìSA si insinua tra le basi armoniche come uno strumento inconsueto. Il concetto dell’album è di restare minimali fino all’ultimo respiro e fino all’ultima traccia, con densa nostalgia. Dreamweaver vanta un grande stile e si assesta su altezze musicali angeliche da capogiro. (Agnese Leda)
14. swan•seas, Songs in the key of blue

Sono felice di ricordarvi lo straordinario nuovo progetto milanese di Corrado Angelini. L’album monocromatico in blu per cigni shoegazer è come una privatissima e segreta festa dove gli invitati sono i Cure, i Mercury Rev, gli Echo & the Bunnymen e i Jesus and Mary Chain, alla quale tu non potrai partecipare e dovrai accontentarti di ascoltare da fuori, dietro i vetri appannati, oltre un muro di mattoni in stile british, un eco meraviglioso di conquista uditiva e di batticuore. Un album caratterizzato da una voce lontana e da vibranti parti strumentali, frutto della grande intesa tra i membri di questa formazione. Spero di vederli live nel 2025. (Agnese Leda)
13. Magic Shoppe, Down the Wych Elm

Si comincia con un classico: glide guitar che sfasa l’armonia principale, un riff che sfrigola su tutto lo spettro delle frequenze, voci filtrate che soccombono al casino. Questo disco è un grande party shoegaze che prevede brani orecchiabili e arrangiamenti tendenti al pogo. È un lavoro particolarmente efficace perché, pur essendo piuttosto lineare nell’impostazione, è suonato benissimo e ha alcuni brani irresistibili.
12. julie, My anti-aircraft friend

Quando ho ascoltato i julie sono stata teletrasportata alla mia post adolescenza, quando avevo orecchie dedite a Pixies e Breeders, ma mi sentivo maledetta e in grande stile con i Sonic Youth. Il trio ha certamente un bagaglio confezionato sulle sonorità del passato e ha messo dentro tutte le cose belle nel loro fortunato album. In cosa sono stati bravi? Il cantato esprime emotività e poi ci sono le corde allentate e le ripartenze che rimandano alla divina scuola dei maestri My Bloody Valentine. Alunni interessanti e interessati che meritano di essere citati qui per questo profumato entusiasmo collettivo che sono stati capaci di suscitare. (Agnese Leda)
11. Fir Cone Children, Jig of glee

Una canzone s’intitola I need an amp and a synth – geniale – e pare di sentire i Cure più i Soviet Soviet: bpm assatanato, groove che spinge, corpi in allegra collisione. Un’altra traccia, bellissima, s’intitola You are my animal ed è un susseguirsi di post punk e shoegaze che si canta già dopo mezzo ascolto. Pare che l’intero album sia il racconto in musica del mondo coloratissimo delle figlie (9 e 11 anni) del frontman, il tedesco Alexander Donat: pronti a esplorare la creazione di un laboratorio di streghe in cantina, un’agenzia investigativa in soffitta, la fondazione di una band rock e altro ancora?
10. Wishy, Triple seven

I Wishy nel 2024 sono stati amati da un pubblico giovane shoegaze, merito delle azzeccate soluzioni emo-pop ed indie rock. In questo lavoro hanno saputo dare voce al presente tra ritornelli e riff che restano impressi dentro di noi non come tormentoni da gettare via, ma come tormenti della nostra anima punk introversa ancora fresca e adolescente, il tutto nella sacra aura benedetta dei Lush, My Vitriol e Catherine Wheel. (Agnese Leda)
9. Clinic Stars, Only hinting

Tra slowcore e dream pop, il suono subacqueo degli statunitensi Clinic Stars non può non richiamare le prime malinconie dei Beach House, con un leggero taglio Low e il suono espanso degli Slowdive (lato Just for a day). Only hinting è un disco astratto e sfuggente, come suggerisce l’artwork: un esistenzialismo sottile e profondo, in cui ritrovare ogni singola nostra emozione e scoprire di non essere poi soli, nemmeno in un mondo così cinico.
8. Softcult, Heaven

Quest’anno le due scatenate canadesi Softcult hanno proposto un ep che trasuda femminilità, ma di quella che non si lascia sfiorare e che profuma di girl power e distorsioni. «Le donne non si toccano neanche con un fiore», diceva mia nonna, e quelle dreamy shoegazer poi sono intangibili. Con questo breve ma intenso album ne coglierete la fatale essenza e ne verrete travolti, colpiti e affondanti. (Agnese Leda)
7. Bloody Knives, Drowning in light

Il disco si apre in un modo che spaventerebbe chiunque, se il volume non è al di sotto del livello di guardia. Il clash definitivo tra M83, Belong e The Armed (e forse pure A Place To Bury Strangers): immagina che cosa può venire fuori. I Bloody Knives fanno una roba bestiale, una bufera sonora shoegaze/synth/noise pop che non può lasciare indifferenti. Tenere il passo di questi brani è una questione di fiato, testa e batticuore.
6. So Totally, Double your relaxation

La band statunitense So Totally ha proposto quest’anno un ipnotico vortice psycho dreamy di grande dinamismo sonoro. I riff come anime dannate fluttuano nella notte e gli angeli cantano non con delicate arpe, ma imbracciando pesantissime chitarre distorte che ci sotterrano ed elevano a ogni ascolto. La produzione è ben studiata, si percepisce la voglia di fare bella musica in ogni dettaglio e a voi non resta che farvi intrappolare dal vortice (se non ci siete già caduti dentro).(Agnese Leda)
5. Chiaroscuro, Chiaroscuro

Nel 2018 Shoegaze Blog, Seashell Records e Vipchoyo Sound Factory pubblicano una compilation dedicata alla scena italogaze: Chiaroscuro. Oggi c’è una band che si chiama proprio così ed è bello pensare che ci sia un legame, un seme che ha attecchito e che ha iniziato a germogliare: le coincidenze a volte si adattano alle nostre traiettorie emozionali. Da quando abbiamo scoperto Foreverboymush, Saint Abel e Moskova Div non ci stanchiamo di supportarli. Questo è un disco shoegaze perfetto non solo per la Gen Z, ma per chiunque ami le chitarre toste e le malinconie fragorose. Tra Slowdive, Kraus e Neraneve.
4. Punchlove, Channels

Un album che non è solo un sunto di ciò che ha vibrato con accattivante e distorta violenza nei nostri amati anni Novanta. Infatti, in alcuni passaggi post rock lascia trasparire con approccio moderno tante cose differenti: l’essenza shoegaze dei Swervedriver e My Bloody Valentine, il grunge egregiamente hard e stiloso degli Smashing Pumpkins e dei Mudhoney e quel metal di Deftones e Jane’s Addiction che ha sfumato certe attitudini viscerali in voga tra i rockettari del tempo. Un disco denso che custodisce un passato sonoro che, dopo anni nel dimenticatoio, nel 2024 è tornato in quel sogno schivo e alternativo che è lo shoegaze. (Agnese Leda)
3. Miners, A healthy future on Earth

I tre minatori australiani hanno scavato nel roccioso mondo punk noise introverso che è lo shoegaze e nel nuovo album hanno estratto e ritrovato, oltre a dure rocce overdrive, anche passaggi più melodici, come preziose margherite selvagge tra rocce desertiche illuminate da raggi solari. Il contrasto tra la vitalità e la morte, con il ritmo stop-and-go tipico dell’indie slacker rock, rafforza il nostro apprezzamento per un ascolto sempre più prezioso, proprio come la cura del nostro unico pianeta, la Terra. (Agnese Leda)
2. Phantom Handshakes, Sirens at golden hour

Il disco comincia con un post punk onirico e noir e delle parole che in qualche modo risuonano dentro di te: «Away from everyone. The sun could sleep for months. Some people come and go. I remain forever». Federica Tassano e Matt Sklar hanno messo insieme un lavoro dream pop che è un viaggio mentale tra suoni ovattati e una sensazione di nostalgia troppo grande per lasciarti indifferente.
1. Opinion, Horrible

Il disco shoegaze dell’anno è un album realizzato senza pedalini né amplificatori. Se non è un caso più unico che raro, beh, poco ci manca. Horrible è stato registrato dall’artista francese Opinion nel suo appartamento nella notte tra il 31 dicembre 2022 e il primo gennaio 2023 (il mio capodanno ideale, se devo dirla tutta): ciò nonostante, il suono è talmente violento, primitivo e pazzesco – aiutato da un mastering spinto al massimo – che l’assenza di una strumentazione tradizionale non si fa proprio sentire. La chitarra ha praticamente un unico suono dall’inizio alla fine, ma tutto funziona secondo la regola aurea del “se non è rotto, non aggiustarlo”. E per adesso non ha senso cambiare rotta. il noise pop di Missing something that never happened ricorda il casino stiloso degli Wavves, ma con maggiore spessore shoegaze (è un ottimo pezzo, insomma), e il resto dell’album mantiene la stessa pressione sonora e la medesima qualità, ricordando a volte gli Hotline TNT (c’è pure una traccia intitolata Smashing Pumpkins che fa così: «I’m smashing pumpkins for the moon. I give you all my time, it’s true». Qualunque cosa significhi, ci sto). Opinion peraltro ha appena pubblicato un altro disco, Troisième opinion, che mantiene un approccio diretto, incalzante e orecchiabile. E chi lo ferma più.
