Lunedì shoegaze: Dottie, Tenue e altra musica per cuori di vetro

Dottie

L’altro giorno un ragazzo che non vedo da tempo mi ha mandato un messaggio. Anni fa si è trasferito altrove – prima la Spagna, poi la Germania, infine l’Austria – e altrove ha coltivato un pizzico dei suoi sogni. Guadagna il doppio di me in un posto che costa il triplo dell’Italia, quindi di fatto è messo male quanto me anche se si ritrova in un altro livello. “Sai, a volte leggo il tuo blog, ma non ti offendere: non ho ancora capito che cos’è questo shoegaze”. È la solita maledizione, che qualche tempo fa ho provato a esorcizzare così. Eppure non è una questione banale: persino chi è addentro allo shoegaze spesso non concorda su che cosa sia shoegaze. E allora per confondere ancora di più le idee, Shoegaze Blog segnala otto progetti notevolissimi, alcuni dei quali possono essere considerati shoegaze più per approccio che per ortodossia. Amico mio, lo shoegaze non è una definizione: lo shoegaze è tutta quella musica che non ti tradirà mai.

Dottie, Bedroom. Ho un debole per le registrazioni casalinghe. Perché solitamente catturano l’anima vera dei brani, cristallizano il momento dell’ispirazione, raccontano l’idea nell’istante in cui arriva, senza creme di bellezza, senza ansia da prestazione, senza dover piacere per forza a tutti. Dottie con poche note e una classe sbalorditiva si lascia andare a un suono dream pop che è sensuale, magico, emozionante.

Tenue, Forse. Nelle note di presentazione c’è scritto che questa canzone dei Tenue “è un filtro pastello sfumato, musica per cuori di vetro”. Se premi play capisci che non è una posa o una velleità: Forse cattura il cuore di chi ha il cuore fragile ed esposto al mondo intero, pronto a soffrire, senza paura. Più indie rock, o forse emo-qualcosa, che shoegaze, ma la sensibilità che emerge è proprio quella che piace a questo sito.

Crown Of Pity, Rather be nothing. Singolo maestoso ed eccessivo, pugni in faccia e riffoni ben scolpiti. Un bel pezzo rock come non se ne sentono forse da tanto tempo, decisamente ostile a qualsiasi concetto di minimalismo in musica. Per il loro nuovo brano i Crown Of Pity decidono di fare le cose in grande.

Niights, So into you. I Niights sembrano conoscere alla perfezione la formula segreta per sdoganare il dream pop nei gusti del grande pubblico: in pratica, qualcosa che raggruppa versioni alleggerite di grunge, shoegaze e twee pop. Tutto questo nelle strofe e nei ritornelli di So into you si trasforma in una sequenza canterina di facile ascolto che, chissà, potrebbe portare band come i Niights a toccare palla pure negli ambiti alti del mainstream.

Illuminati Hotties, Kiss your frenemies. Tra tutte le canzoni di questo album, For Cheez (my friend, not the food) è quella che più di tutte si avvicina al miglior shoegaze: un inizio di arpeggi e voci sottili che cresce fino a un’esplosione gestita benissimo, tra distorsioni solenni e melodie pazzesche. Non è per niente facile lavorare su un arrangiamento che prevede la classica alternanza tra vuoti e pieni: qui siamo a un passo dal capolavoro.

New Ghost, Hours. A proposito di arrangiamenti, quello messo su dai New Ghost per questo brano è particolarmente ben fatto: c’è il rock muscolare e il crescendo dream pop, c’è un saliscendi di ritmi che accelerano e rallentano, ci sono note sospese a due passi dall’abisso e code strumentali che sono lezioni di stile. Un pezzo spettacolare.

Ease, Longing. L’estetica sonora dello shoegaze asiatico è molto chiara e riconoscibile, come viene ribadito anche da questo ottimo singolo degli indonesiani Ease. È uno storto pop distorto, assordante il giusto e orecchiabile quel tanto che basta da renderlo immediatamente meritevole di attenzione. Vedremo in futuro che cosa proporranno.

Nova sui prati notturni. Il disco nuovo di questa band post rock è disponibile esclusivamente a questo sito. Niente mp3, niente vinili, niente cd o cassette, niente streaming. Sono dodici video in bianco e nero che fanno da scenario ad altrettanti brani di psichedelia vagamente occulta, carica di attese, riverberi e anche di un pizzico di angoscia. I pezzi sono molto interessanti, così come i video, mentre l’operazione in sé – una sola modalità di fruizione dei brani – mi lascia un po’ perplesso, anche se ha una sua logica.