Silvia sembra accorciare la sua gonna con l’avanzare dell’età. Vent’anni fa le arrivava al ginocchio. Negli ultimi tempi invece indossa spesso degli straccetti a metà strada tra lo sbarazzino e una certa idea di sensualità, quanto basta per regalare notevoli svarioni ai maschietti intorno e non solo. Per il resto continua a essere una donna dal piglio poderoso e dal fascino tutto suo: capelli folti, ricci e menefreghisti alla Valeria Golino, una carnagione abbronzata che umilia regolarmente il mio pallore cronico e un piccolo naso all’insù che svirgola sopra le labbra generose.
«Devi ascoltare i Blankenberge»

Mi dice così Silvia mentre accarezza il suo gatto nero Morrissey, che mi osserva come se fossi il più stupido degli umani. È il maggio del 2016: questi Blankenberge vengono da San Pietroburgo e hanno pubblicato da poco un ep di cui si dice un gran bene nel giro dei blog e delle radio shoegaze internazionali. Le rispondo di sì, che li ascolterò senz’altro, perché in effetti lei ha un gusto musicale migliore del mio e spesso mi ha fatto scoprire band notevoli. Solo che poi non lo faccio: escono centinaia di album ogni settimana e qualcosa, molto, troppo si perde nel flusso di streaming che accompagna le mie giornate.
Meno male che ci sono i Cure
È stato per merito della compilation The Cure in other voices, a cura del puntualissimo The Blog That Celebrates Itself, se ho finalmente dato un ascolto ai Blankenberge. Aprono questa compilation mastodontica con un classico come Pictures of you, la spina dorsale di Disintegration, la canzone più bella del disco più bello della band più bella, roba da tremare forte e scappare in fretta: come fai a paragonarti ai Cure, come fai a intaccare il loro suono perfetto, come fai a non pensare di rovinare tutto? Ecco, ascoltate che cosa hanno tirato fuori. Sette minuti abbondanti di melodia sotto la tempesta.
Ma com’è questo Radiogaze?

Ok, quest’anno sono usciti i dischi degli Slowdive e dei Ride, ma forse il miglior album shoegaze del 2017 viene da San Pietroburgo, Russia. Radiogaze dei Blankenberge è stato pubblicato meno di un mese fa e per maturità, ispirazione e impatto si permette il lusso di dire la sua anche davanti ai mostri sacri: rispetto sì, soggezione no. Il riferimento evidente della musica dei Blankenberge è quello dei poderosi – e concittadini – Pinkshinyultrablast. Somewhere between mescola chitarre pesantissime e leggerissime, in un gioco di contrasti perfetto, come se i Blankenberge portassero le stelle del cosmo a fare un giro per questo pianeta folle e bellissimo chiamato Terra. We ha un introduzione da scuola epica M83 e poi prosegue dritta, quasi radiofonica: è la cosa più vicina a un singolo pop che ci si possa aspettare dal gruppo russo. E poi c’è la chiusura di Hopeless, un brano che sembra sospeso a diecimila metri da qui e che poi scivola via lentamente, come un ricordo adolescenziale alla resa dei conti dell’età adulta. Bellissimo e struggente.