«Ho capito», le dico. No, non ho capito, ma la ascolto facendo finta che la situazione mi sia ben chiara. È pronta per diventare una popstar nel giro di un mesetto, come succede ormai a chiunque si mette in testa che la gavetta si faccia al Forum di Assago, solo che a me sembra piuttosto che stia per partecipare a un corso di formazione per social media manager. Mi parla di fenomeni complessi, di strategie innovative, di calcoli matematici, di filosofia applicata al marketing. Mi indica nuove forme di promozione, ovvero musica intesa come accessorio per nobilitare la sacra arte del cazzeggio social: ritornelli dalla durata esatta per essere sfruttati in una veloce gag su TikTok, strofe perfette come colonna sonora per un reel con ripetizioni intense di addominali. «Ho capito», le ripeto, fissandola negli occhi mentre penso ai cazzi miei. In realtà qualcosa l’ho capita davvero, che lei – come moltissime altre persone della nuova generazione trap – si vede già adesso vincitrice senza avere ancora nulla in mano e, soprattutto, senza contemplare l’opzione b, anzi zeta: il fallimento. Per citare il nostro Giuseppe Musto e la sua teoria dello shoegaze applicato alla vita vera, questo non è shoegaze. La storia, però, in fondo si ripete. Trent’anni fa nel Regno Unito gli Adorable con il loro disco Against perfection , pubblicato il primo marzo 1993, erano pronti per diventare il nuovo benchmark del rock britannico. Il risultato sarà invece un flop senza scampo. E questo sì che è shoegaze.
Non siamo mai stati in grado di incendiare il mondo, ma siamo riusciti ad accendere il fiammifero. (Pete Fijalkowski, gennaio 2001)
Va detto che in quel periodo tutto lascia presagire che la band possa giocarsela alla pari con altre due realtà in forte ascesa in quel periodo, i Verve e gli Suede. L’ep Sunshine smile del 1992 diventa singolo della settimana per NME e i ragazzi si preparano per una carriera scintillante come dèi del rock: col senno di poi, si tratterà invece del picco in carriera, a cui seguirà un baratro senza fine, probabilmente a causa di un’attitudine che li metterà al primo posto delle antipatie della stampa musicale britannica («The cockiest new band in pop», una delle frasi più gentili). Per fare un esempio, il bassista Stephen Wil Williams se ne esce con una frase divertente nella sua assoluta arroganza nonsense: «Non solo incoraggio le persone a smettere di acquistare dischi, ma auspico che vadano in massa nei negozi a restituire la loro collezione. Anche se non dovessero avere un rimborso. Nessuno fa nulla che sia valido».
Non del tutto shoegaze, non completamente pop
Alan McGee, il capo della Creation, prova a sfruttare la situazione paragonando l’insolenza del gruppo a quella dei Sex Pistols. La scelta non funziona. Gli Adorable vengono bollati come Echo & The Bunnymen pieni di feedback con canzoni che suonano allo stesso modo. Una critica ingenerosa, specialmente se si ascolta il disco degli Adorable, ovvero Against perfection. Che resta invece un piccolo capolavoro di guitar music anni Novanta: pieno, arrembante, totale. Forse non del tutto shoegaze, forse non completamente pop, di sicuro estremamente a fuoco. Probabilmente la porta segreta che si apre nel cuore stesso dell’approccio spavaldo degli Adorable è contenuta nel brano più bello, intenso e sentito, quell‘A to fade in che svela una paura che è comune a chiunque decide di giocarsi tutto per mostrarsi per ciò che si è davvero: «And I don’t want to be a faded memory, all I want is to be me», canta Pete Fijalkowski. L’altra canzone che amo di più è Glorious: dritta, aperta, orecchiabile ed empatica, mette subito in chiaro l’alto livello di scrittura della band. Ma non si possono non citare il feeling Cocteau Twins della conclusiva Breathless, che cuce addosso agli Adorable un ruolo credibile nell’ambito shoegaze, o il singolone Homeboy.
L’epilogo doveroso
«Forse gli Adorable sono solo esistiti nel periodo sbagliato. Bastava uscire allo scoperto due o tre anni prima e saremmo stati con gli House Of Love o la scena shoegaze. Se fossimo venuti fuori due o tre anni dopo, saremmo stati con il calderone brit pop. Magari sembra che sono amareggiato, ma non lo sono», dirà nel 2000 il cantante Pete Fijalkowski. In realtà, il finale arriverà nel 2019, quando gli Adorable tornano sul palco per raccogliere quello che negli anni Novanta gli era stato negato: il riconoscimento di un talento non comune. «Volevamo finalmente finire in bellezza, riscrivere la storia, dato che quella originale si era svolta in un contesto di tensione nella band, ostilità della stampa, indifferenza del pubblico e un’etichetta che non ci voleva più. Questi sono stati per anni i ricordi persistenti di come è finito tutto. Ma ora abbiamo riscritto il finale e sarà di amore e apprezzamento», dirà Fijalkowski. È proprio vero che, come dice il poeta, certi amori non finiscono.