Alvvays, “Blue rev”. Lo shoegaze nel 2022

In Pomeranian Spinster, Molly Rankin ha una vocalità frenetica, come se stesse cercando di non farsi travolgere dalle onde pazze di un arrangiamento semplice di pop’n’roll da gambe in spalla, tutto bizze, frenesia & gioventù: tipo dei Raveonettes pronti a fare festa banchettando con le nostre inquietudini. «Non chiedermi mai di sorridere», si sente verso la fine, quando il suono si fa prima bufera e poi inabissamento lento. Pare una sintesi dei vent’anni di chiunque, quando ti senti un corto circuito rispetto all’ordinarietà del mondo attorno a te, se non fosse che anche a quaranta, cinquanta, sessanta o novanta la solfa non cambia poi così tanto. E infatti: «Passerai il resto della vita togliendo il tuo piede dal freno». Perfetto: e allora via a tutta velocità, senza dubbi né tentennamenti, verso il centro esatto del mistero dell’esistenza. Perché in effetti gli Alvvays di Blue rev ti fanno l’analisi del sangue, ti buttano giù e ti tirano su, mettono in musica la tua quotidianità di bilanciamento tra alienazione e speranza: «Che si tratti di stasi o cambiamento, compila i requisiti nella pagina e fatti venire un esaurimento prima di essere pagato», cronaca shoegaze di esistenzialismo metropolitano contenuta in Easy on Your Own?, un brano armonicamente agrodolce, ruvido e ben carrozzato di chitarre. Altro pezzo imperdibile è Tom Verlaine, dream pop leggerino che si evolve subito in shoegaze robusto e multistrato, con un titolo magari furbetto ma maledettamente efficace. Blue rev è un disco clamoroso che sta riuscendo nell’impresa di convincere le persone scettiche – quelle che ritengono lo shoegaze post 1993 una perdita di tempo – che questa musica ha ancora senso pure nel 2022. E oltre.