Beach House, “Once twice melody”. La malinconia ha un suono esatto

Qualche anno fa, in un’intervista rilasciata a Pitchfork, il multistrumentista dei Beach House Alex Scally si lasciava andare a una considerazione interessante e per certi versi insolita. La domanda verteva sulla possibilità che il duo dream pop di Baltimora potesse sentire l’urgenza di cambiare il proprio suono. «Questo è ciò che facciamo, questa è la voce di Victoria, questi sono gli organi che ci piacciono. Non prendiamo una sorta di decisione consapevole, tipo “continuiamo a fare le stesse cose”. Odio quando le band cambiano da un album all’altro. È come se si mettessero a pensare prima di decidere di fare musica». È forse questo il passaggio che spiega bene che cosa rappresentano davvero i Beach House: in un mondo che scambia bei suoni per belle canzoni, loro continuano a fare l’unica cosa che conta, ovvero belle canzoni e basta. Il nuovo disco, Once twice melody, di cui oggi sono stati pubblicati i primi quattro brani (per un totale di diciotto, che usciranno a cavallo tra la fine del 2021 e l’inizio del ’22), sembra confermare ancora una volta che certe malinconie sono difficili da descrivere perché non hanno una definizione precisa, ma in compenso hanno un suono esatto: quello dei Beach House.