Senti come suona #3. Alien (Cosmetic). Il basso, il grande fuzz e tutto quanto

Alien (foto: @cruciverbone)

Ci sono tre costanti nella storia ormai ventennale dei Cosmetic. Una costante è Bart, cantante e chitarrista che ha le caratteristiche del perfetto antieroe indie rock: coerenza artistica, distorsioni ben calibrate e un paio di occhiali da quarantadue pollici alla Micah P. Hinson. La seconda è uno strumento di cui a breve faremo la conoscenza. La terza è Alien, che della band è da qualche anno cantante e bassista. Togli lei, togli la sua magia peculiare. Ovvero: un timbro vocale morbido e obliquo, che scivola tra le note come a voler ingentilire il baccano intorno, e un basso che ti prende a spallate – alza il volume e fatti travolgere. Per la rubrica Senti come suona, si parla di quattro corde, due pedali e molto rumore.

Quando sei entrata nei Cosmetic?

«Di fatto sono il secondo membro più anziano, dopo Bart, se consideriamo che ho iniziato a registrare le voci in studio dal primo album, Sursum corda, del 2007. Però ero un satellite, diciamo così».

E quando sei diventata effettiva?

«Ho continuato a registrare così per diversi anni. Poi, ho cominciato a cantare dal vivo durante il tour di Core, con Erica dei Be Forest al basso».

Grande lei.

«Sì, grande Erica davvero».

Il momento in cui sei passata al basso?

«Credo che fosse l’ultima data del tour di Core, quando Bart mi ha detto: “Ci risiamo, sono senza bassista”. Erica doveva registrare il nuovo album dei Be Forest e poi sarebbe partita per i live, quindi le due cose non erano conciliabili».

Non avevo mai preso in mano uno strumento in vita mia

Che cosa gli hai detto, quindi?

«Non so da quale entità sono stata posseduta in quell’istante, perché non avevo mai preso in mano uno strumento musicale in vita mia».

Ah, benissimo!

«Non avevo un’idea di che cosa volesse dire suonare. E quindi gliel’ho buttata lì: “Senti, se provo io e vediamo come va?”. Lui è stato entusiasta, perché sarebbe stata una svolta. Loro avevano già le bozze dei pezzi nuovi che avrebbero fatto parte dell’album Plastergaze, del 2019. Si trattava dunque di vedersi in sala e provare».

Com’è andato il provino?

«Visto che non avevo mai suonato, mi sono presentata con un basso che mi aveva prestato un mio amico, un Ibanez Gio Soundgear di colore bianco. Appena l’ho tirato fuori, Bart è scoppiato a ridere».

Mi immagino la scena!

«Mi ha detto di metterlo via, passandomi il basso dei Cosmetic. Io ero abituata all’Ibanez che è leggero, piccolino, maneggevole. Il manico è più sottile, per me che ho le mani piccole mi risultava più facile. Invece ecco una bestia da cinque chili. Abbiamo provato con entrambi gli strumenti e, in effetti, non c’è stato paragone: ho capito che un basso qualsiasi non va bene. L’Ibanez ha un suono più freddo. La potenza dell’altro basso è stata immediatamente più evidente e avvolgente».

Foto @giulia.druda

Ma che basso era quello dei Cosmetic?

«Eh, chi lo sa?».

In che senso?

«Il basso non è stato comprato, è lì e basta da sempre. Sembra un Fender Precision, però per appurarlo con certezza bisognerebbe fargli un’autopsia (risate). È stato anche riverniciato».

Tutto ciò è meraviglioso.

«Era abbandonato da tempo, non si sa da chi, nella sala prove che usavano i primi Cosmetic, così l’hanno adottato loro. Di fatto è il quinto membro del gruppo, perché c’è da Sursum corda e ha attraversato tutte le ere».

Ancora adesso quello strumento è con te sul palco. È stato difficile imparare a suonare?

«È stato abbastanza intuitivo. Ho trovato più complicato cantare e suonare contemporaneamente. Sono partita dal fatto che non sapevo neanche di avere una mano sinistra che poteva fare cose». (risate)

Qual è il tuo pedale preferito?

«Quello imprescindibile è praticamente l’unico che uso, El Grande Bass Fuzz della MXR. È ormai fuori produzione, si trova nell’usato. Poi ho anche un distorsione, Distortion Plus, sempre MXR, che sfrutto solo nelle parti noise perché ha una sonorità più definita, mentre il fuzz è più sporco e saturo».

Com’è l’accoppiata Precision & El Grande Fuzz?

«È come se si potenziassero a vicenda, insieme formano una combo particolare. Nonostante i Cosmetic abbiano sempre sperimentato, non hanno mai perso la loro identità e secondo me questo sound specifico contribuisce alla riconoscibilità».

Qual è il brano dei Cosmetic in cui si sente di più il tuo suono?

«Tutto Plastergaze, che è il disco in cui il gruppo è tornato allo shoegaze, come suggerisce il titolo. Se devo scegliere una traccia, direi Un litigio».

Nello shoegaze il basso spesso guida tutto l’arrangiamento oppure sta più nascosto nel mix. Tu mi sembra che sia nel primo raggruppamento.

«Secondo me invece il bello dello shoegaze, almeno per come lo percepisco io, è che non c’è uno strumento prevalente, anche la voce alla fine si integra allo stesso livello del resto della band. Quindi non penso che a guidare sia il basso, come non lo sono le chitarre».

Hai perfettamente ragione. A chi ti sei ispirata come bassista?

«Il basso dei Cosmetic è ispirato a quello di Debbie Googe dei My Bloody Valentine. Anche lei usa un Precision. Ma il mio bassista preferito è Les Claypool dei Primus. Non c’entra nulla con noi, non posso dire di ispirarmi a lui, mi limito a venerarlo come una divinità. Fine della storia (risate). D’altronde mi sono approcciata allo shoegaze da quando ho iniziato a suonare con i Cosmetic, nella vita ascolto altre robe. I miei preferiti sono i Primus, i Nine Inch Nails, i Nirvana».

Foto @matteobarbieri

Ma che cos’è per te lo shoegaze?

«A livello concettuale la cosa che apprezzo, e che si ritrova fortemente nella musica dei Cosmetic, è la netta distinzione tra due poli opposti. Da una parte le chitarre eteree e le voci soavi, dall’altra il basso e la batteria rocciosi e incazzati. Questi contrasti si fondono in un equilibrio perfetto».

In questo periodo siete in tour e spesso condividete il palco con tante band della scena shoegaze e alternativa italiana. C’è qualcuna che ti piace in modo particolare?

«Ce ne sono tanti. I Mondaze sono nostri fratelli d’anima, mi piacciono tantissimo anche umanamente. Pure i Chiaroscuro mi piacciono: è bello che al Soglianoise, il 5 luglio a Sogliano Al Rubicone, ritroveremo entrambe le formazioni. Altri gruppi che mi hanno colpito sono i Submeet e i Bruuno, per la potenza del suono e la forte presenza scenica dei bassisti».