Venerdì shoegaze (e dream pop) di fine anno. Come un’esplosione al ralenti

Northwest (foto: Jan Lenting)

L’ultima carrellata di uscite discografiche per questo 2019 si apre con una serie di singoli e album perfetti per una fine d’anno meno scontata del previsto. I buoni propositi per il 2020 lasciano spazio alle ultime malinconie – e magari a qualche rimpianto di troppo – che solo la musica bella sa intercettare. Premi play e alza il volume: a Natale Shoegaze Blog ti regala tutto il riverbero di cui hai bisogno.

Cosmos In Collision, Backlit. Il nuovo album di Riccardo Spaggiari, aka Cosmos In Collision, conferma tutto quanto di buono era stato scritto da queste parti. Backlit mette su un bel menu di post rock, elettronica e shoegaze strumentale, in una sorta di crasi che comprende Boards Of Canada, Mogwai e il primo Nathan Fake. Niente male.

Clan De Venus, Clan De Venus. Tra dream, twee e tutto quanto fa nostalgia, leggerezza e riverberi, questo disco dei messicani Clan De Venus è una deliziosa raccolta indie pop di chitarre piene ma mai invadenti. Una sorpresa giunta proprio agli sgoccioli del 2019.

The City Gates, Checkpoint Charlie. Il nuovo singolo dei canadesi City Gates prosegue sulla scia dei lavori precedenti: un post punk che vive nei riverberi e risplende nell’emozione. Checkpoint Charlie è il classico esempio di shoegaze di epicità e introversione. Come piace a noi.

Northwest, II. I Northwest vengono da Londra e sono speciali, l’avevamo già detto qualche mese fa: è un dream pop da camera, costruito attorno ad arrangiamenti ridotti ai minimi termini – quelli che contano davvero – in cui le canzoni raccontano di inverni che gelano anche il cuore e silenzi che si aggrappano alle solitudini di ogni giorno. “I always feel alone when days are gone”, canta Mariuca García-Lomas, una voce che è come un dipinto: da ammirare.

The Suncharms, Jet Plane. L’indie rock dei Suncharms è sempre un bel sentire: dritti, diretti e senza paura, la band britannica – una di quelle della prima ondata shoegaze – ha sempre la melodia giusta per ogni circostanza. Jet Plane è un brano che ci fa capire perché negli anni Novanta la musica era una questione di attitudine, non di apparenza.

Citrus Clouds, A pastel sky. “I’m exploding, I’m a ray of light”, cantano gli americani Citrus Clouds. E allora lasciateli deflagrare come meglio credono: A pastel sky è un pezzo di shoegaze serrato che ti marca a uomo e non ti dà tregua finché non ti lasci guidare dalle chitarre che rimbalzano col vibrato e i ritmi vagamente motorik e sicuramente ossessivi.

Meadowlake, I won’t let you down. Con questo brano, gli olandesi Meadowlake fanno centro. È la loro canzone più bella, l’incrocio tra M83 e Slowdive, la new wave e il dream pop, le chitarre ampie e le voci rarefatte. È una band che sembra avere sempre un colpo in più in canna: sparate pure, ragazzi, e colpite il nostro cuore.

Lexica, Lost & left to be imagined. Si sente che è un disco che proviene da altre epoche e che segue altre tendenze. D’altronde questo album degli americani Lexica risale al 2002 e incorpora quelle che erano i suoni del tempo: trip hop, glitch, dream pop, elettronica minimale e cantautorato di synth morbidi e drum machine spezzettate. Un lavoro che è rimasto chiuso in un cassetto per tanti anni. Fino a oggi.

Nax, Angeles de hielo. Da Buenos Aires, ritornano i Nax con una canzone che riassume perfettamente l’estetica sonora della band: un dream pop fragoroso come un’esplosione al ralenti che finisce per spingerti sempre più in alto, fino a sentire il respiro delle stelle accarezzarti la pelle.