Shoegaze Blog nasce con l’obiettivo di favorire qui in Italia il consolidamento di una comunità di appassionati shoegaze. Non esiste movimento e non esiste crescita se non c’è un sistema che unisca i puntini e crei le condizioni per favorire un incontro tra ascoltatori e addetti ai lavori. Ciò che serve alla scena dream pop internazionale – e specialmente alla sua filiale italiana – è la consapevolezza che si può fare tanto solo se ci si riconosce finalmente come parte di un tutto. Non siamo semplici passeggeri, ognuno con un tragitto diverso e una storia a sé: la cooperazione, il supporto e la consapevolezza di esserci – e non solo di essere – possono portare a un innalzamento degli obiettivi: siamo davvero sicuri che lo shoegaze non possa essere qualcosa di più di una semplice – per quanto affascinante – testimonianza?
In questi primi mesi ho ricevuto diverse segnalazioni di dischi da ascoltare. Qualcuno l’ho recensito, qualcun altro l’ho dovuto scartare, altri ancora non sono proprio riuscito a occuparmene. Siccome sono lavori validi, ecco che allora vale la pena recuperarli, perché c’è roba molto interessante. La maggior parte di questi album non sono shoegaze o dream pop nel senso più puro del termine, ma in qualche modo mostrano una sensibilità affine a ciò che più ci piace.
Xeresa è un progetto particolare e piuttosto borderline: parte da una base di elettronica soffusa e d’atmosfera, sulla quale si innestano melodie dream pop e qualche vago accenno ambient. Fall into the light è un brano con qualcosa di magico, tra Boards of Canada e Julee Cruise.
I Close Encounter propongono un pop vagamente dream che ricorda in parte lo stile scintillante dei Beach Fossils e le melodie facili dei Real Estate (che recentemente hanno spiegato il perché del licenziamento del chitarrista Matt Mondaline). First light è un disco irresistibile: ritornelli pieni di sole e riverberi freddi a fare da contorno. La band sa anche mostrare un certo piglio psych che a me piace molto.
Dei Corasandel ho adorato la bellissima Bee today. Loro parlano di acoustic gaze, e in effetti è una definizione che centra il punto, anche se io ci sento di più quella malinconia color seppia tipica dei classici dello slowcore. Da ascoltare e riascoltare, specialmente quando le giornate sono proprio sbagliate e il freddo che fa fuori non è paragonabile a quello che si prova dentro al cuore.
Mi piacciono tanto, i Submeet. In Aircraft dope si sente una band dagli arrangiamenti grassi e sgranati al tempo stesso, un post punk di lotta e movimento che suona come Dio comanda. Da tenere d’occhio. Sul serio.
Kitt vs Karr è un progetto molto interessante. È come ascoltare una versione addolcita del doomgaze di Jesu o Planning For Burial. C’è la lentezza della batteria, c’è il basso che ronza e devasta, ci sono le chitarre che aprono squarci e portano luci abbaglianti. Splendido.
Cosmos in Collisions è un progetto che nasce con lo scopo di mescolare i classici crescendo del post rock con i classici suoni di una certa elettronica d’ambiente. Nei suoi momenti migliori, l’album sa spiegare benissimo perché questa musica ha ancora la sua ragione d’essere.
Elettronica, pop e piglio dream sono alla base della proposta degli ottimi Wicked Expectation. Leaves in autumn è una ballata morbida ed emozionante alla maniera del miglior Apparat, con in più un sottofondo di chitarra riverberata: praticamente un invito rivolto ai dream popper più romantici.
Gli Stàindùbatta propongono un brano che sembra provenire dalle opere più significative dei Sigur Rós. Avàle è uno di quei pezzi strumentali che si ascoltano sotto la pelle: lì dove tutto vibra quando iniziano le musiche giuste.