Otto band che (forse) non conoscete consigliate da Shoegaze Blog

Shoegaze Blog nasce con l’obiettivo di favorire qui in Italia il consolidamento di una comunità di appassionati shoegaze. Non esiste movimento e non esiste crescita se non c’è un sistema che unisca i puntini e crei le condizioni per favorire un incontro tra ascoltatori e addetti ai lavori. Ciò che serve alla scena dream pop internazionale – e specialmente alla sua filiale italiana – è la consapevolezza che si può fare tanto solo se ci si riconosce finalmente come parte di un tutto. Non siamo semplici passeggeri, ognuno con un tragitto diverso e una storia a sé: la cooperazione, il supporto e la consapevolezza di esserci – e non solo di essere – possono portare a un innalzamento degli obiettivi: siamo davvero sicuri che lo shoegaze non possa essere qualcosa di più di una semplice – per quanto affascinante – testimonianza?

In questi primi mesi ho ricevuto diverse segnalazioni di dischi da ascoltare. Qualcuno l’ho recensito, qualcun altro l’ho dovuto scartare, altri ancora non sono proprio riuscito a occuparmene. Siccome sono lavori validi, ecco che allora vale la pena recuperarli, perché c’è roba molto interessante. La maggior parte di questi album non sono shoegaze o dream pop nel senso più puro del termine, ma in qualche modo mostrano una sensibilità affine a ciò che più ci piace.

 

Xeresa è un progetto particolare e piuttosto borderline: parte da una base di elettronica soffusa e d’atmosfera, sulla quale si innestano melodie dream pop e qualche vago accenno ambient. Fall into the light è un brano con qualcosa di magico, tra Boards of Canada e Julee Cruise.

 

I Close Encounter propongono un pop vagamente dream che ricorda in parte lo stile scintillante dei Beach Fossils e le melodie facili dei Real Estate (che recentemente hanno spiegato il perché del licenziamento del chitarrista Matt Mondaline). First light è un disco irresistibile: ritornelli pieni di sole e riverberi freddi a fare da contorno. La band sa anche mostrare un certo piglio psych che a me piace molto.

 

Dei Corasandel ho adorato la bellissima Bee today. Loro parlano di acoustic gaze, e in effetti è una definizione che centra il punto, anche se io ci sento di più quella malinconia color seppia tipica dei classici dello slowcore. Da ascoltare e riascoltare, specialmente quando le giornate sono proprio sbagliate e il freddo che fa fuori non è paragonabile a quello che si prova dentro al cuore.

 

Mi piacciono tanto, i Submeet. In Aircraft dope si sente una band dagli arrangiamenti grassi e sgranati al tempo stesso, un post punk di lotta e movimento che suona come Dio comanda. Da tenere d’occhio. Sul serio.

 

Kitt vs Karr è un progetto molto interessante. È come ascoltare una versione addolcita del doomgaze di Jesu o Planning For Burial. C’è la lentezza della batteria, c’è il basso che ronza e devasta, ci sono le chitarre che aprono squarci e portano luci abbaglianti. Splendido.

 

Cosmos in Collisions è un progetto che nasce con lo scopo di mescolare i classici crescendo del post rock con i classici suoni di una certa elettronica d’ambiente. Nei suoi momenti migliori, l’album sa spiegare benissimo perché questa musica ha ancora la sua ragione d’essere.

 

Elettronica, pop e piglio dream sono alla base della proposta degli ottimi Wicked Expectation. Leaves in autumn è una ballata morbida ed emozionante alla maniera del miglior Apparat, con in più un sottofondo di chitarra riverberata: praticamente un invito rivolto ai dream popper più romantici.

 

Gli Stàindùbatta propongono un brano che sembra provenire dalle opere più significative dei Sigur Rós. Avàle è uno di quei pezzi strumentali che si ascoltano sotto la pelle: lì dove tutto vibra quando iniziano le musiche giuste.