Lunedì shoegaze. Hai paura del buio

Just Mustard

Ho dormito fino a una certa età – non più bambino, non ancora adolescente – con un peluche accanto a me. Una tigre, per l’esattezza, che col tempo è diventata sempre più arruffata, sempre più piccola, sempre più superflua, finché non l’ho messa su una mensola dimenticandomi della sua esistenza e lasciandola soltanto con un pugno di polvere e indifferenza. Mi sento un po’ in colpa, ripensandoci. Tenevo questo animaletto con il muso appoggiato alla mia guancia, per essere sicuro che ci fosse sempre, come un guardiano pronto a difendermi dal pericolo sconosciuto che si nasconde dentro il buio. Quando era con me, dormivo tranquillo. I problemi arrivavano quando lui non c’era, perché magari ero ospite a casa di compagni di scuola e non avevo il coraggio di portarlo: quelle notti me le ricordo tutte, nessuna esclusa, sempre con gli occhi aperti e tanta voglia che il mattino bussasse presto alla finestra.

Tre band questa settimana, per il consueto appuntamento del lunedì di Shoegaze Blog. Tre progetti che, se non li conosci ancora, meritano tutta la tua attenzione. Premi play.

Just Mustard, Frank // October“I watch TV to fall asleep and I can’t fly in my dreams”, inizia così Frank, un brano che gli irlandesi Just Mustard costruiscono partendo dai vuoti d’aria anziché dagli arrangiamenti spinti. C’è il racconto della tensione delle piccole cose, che scandisce la quotidianità e in un certo senso la definisce per quello che è, ovvero uno scivolamento rallentato nell’apatia che ti incatena a una routine senza sogni. La musica dunque non può che andare di pari passo con la narrazione, attraverso chitarre che vanno e vengono minacciosamente, come quando da bambino sentivo certi suoni nel cuore della notte che inchiodavano tutte le paure del mondo davanti ai miei occhi spaventati.

Salsa Cinderella, Glitch. È interessante la scelta stilistica dei canadesi Salsa Cinderella: quattro brani, due approcci completamente differenti. Glitch ed Everybody smiles hanno il suono shoegaze che mi piace di più: denso, caldo, un po’ crepuscolare, ma anche teso e arrembante il giusto. Pochombo electronic ensemble e Queens invece sono totalmente l’opposto: gelidi, strumentali, ambient. È uno stop and go che funziona, soprattutto perché anche nei momenti di quiete la tempesta resta lì, pronta a dire la sua, forte e chiaro.

Wishbone, Hideaway. Oggi l’estate ha smesso di avere molto senso: a luglio e agosto la città è di fatto un corpo vuoto e un po’ avvilente, soprattutto per colpa dell’afa che sembra sdraiarsi sulle teste di chi conta i giorni che mancano alle ferie. Un tempo però l’estate era la vita tra parentesi, priva di spigoli e piena di aspettative. Lo spiegano bene gli inglesi Wishbone in un verso di Hideaway: “Thinking back to the summer, when i first saw you, not a bother in mind, only forward thinking”. Il brano incrocia shoegaze, emo e indie rock, agguantando quelle sonorità che tra la fine dei Novanta e l’inizio degli anni Zero tenevamo stretti a noi quando intorno era pieno di squali, lupi e sciacalli, tutti in attesa di un nostro passo falso.