Maledetta “Sfortuna”: il capolavoro generazionale dei Fine Before You Came

Ho chiamato i miei insuccessi sfortuna. Maledetta sfortuna. (VIXI)

La generazione che doveva conquistare il mondo – era quello che ripetevamo quando cercavamo conferme della nostra grandezza negli sguardi stanchi dei vecchi intorno a noi – alla fine ha conquistato solo un brutto locale in centro per rivedersi e aggiornarsi su un decennio in cui, in un certo senso, la vita è andata in loop: sempre pronta a cambiare, senza cambiare sul serio. “Che cosa hai ottenuto”, dici. Ma ti dimentichi di aggiungere il punto interrogativo, quindi sembra più una sorta di compatimento buttato lì, come se fosse un contorno non richiesto della tartina che dorme da un quarto d’ora sul mio piatto. “Sono davvero ridotto così male?”, ti dico, strizzando tutte le vocali nella mia solita e tristissima imitazione di Berlusconi che a te ha spesso fatto sorridere. E infatti ecco che sorridi tenendo la bocca chiusa: è il tuo gesto più riconoscibile, “perché i denti li mostro solo quando voglio ridere di qualcuno, non quando voglio ridere con qualcuno”, dicevi in passato, citando gente più brava di me con le parole. Però ti sfuggono per un attimo due schegge giallognole di incisivi e allora il mio cervello va in tilt e non so bene che cosa pensi di me, non so bene che cosa raccontarti: “Ho fatto questo, sono stato lì” sono frasi che non reggono mai alla prova dei fatti, ma in fondo stasera l’obiettivo di tutti noi che ci rivediamo dopo tanto tempo è fingere di avere qualcosa di interessante da dire. Io mi faccio mille problemi e provo a indorare la pillola, ma come ogni nato negli anni Ottanta mi sono ritrovato adulto all’improvviso, quando la festa è finita e scopri che nemmeno ti avevano invitato. Il tempo è ormai degli altri e noi non possiamo fare altro che beccarci i rimproveri di chi c’era prima – “Da bambino manco avevo il frigorifero e mi parli della crisi economica?” – e i vaffanculo di chi è arrivato dopo – “Se il mondo è intossicato e maggio pare novembre la colpa è tua e del tuo cazzo di Crystal Ball”. Mastico nervosamente le stratosferiche minchiate che sto per propinarti, trattengo la panza con un gioco di prestigio addominale di cui un po’ mi compiaccio, alzo il mento per nascondere una calvizie difficile da celare, lascio silenziosamente andare un rutto proprio nell’istante in cui sfoggio la faccia pensosa di un Godard giunto all’ultimo ciak. Cerco insomma di vendermi come meglio posso mentre davanti a me ci sono i tuoi occhi che vanno sempre dritti al punto. E neanche stavolta ti smentisci. Se io mi affanno a trovare la parola migliore e l’epressione più giusta, tu ti limiti semplicemente a dire questo: “Ho avuto sfortuna nella vita”. E di colpo non sorridi più.

Fai una lista delle cose che non vuoi. (Lista)

Era il 22 maggio 2009 quando è stato pubblicato Sfortuna dei Fine Before You Came. Un’uscita anomala per le modalità di diffusione: download gratuito – un semplice file Mediafire – ed edizione limitata in vinile. La strada del doppio binario continuano a percorrerla: tutti i loro lavori sono ancora scaricabili liberamente sul sito ufficiale. L’arte per l’arte, cioè comporre belle canzoni senza preoccuparsi di saper fare di conto: fa strano dirlo oggi che ci sono più social media manager che musicisti e non si fa mai nulla in cambio di niente, anche se quel niente in realtà è tutto quello che a noi importa. Questo è dunque ciò che ha caratterizzato il gruppo milanese: l’attitudine alla sincerità, che in fondo è una roba molto hardcore – nel senso del punk. “I fine before you came sono e sempre saranno jacopo, marco, filippo, mauro, marco”, lo scrivono nelle note di accompagnamento di ogni loro album: detta in altri termini, vuol dire restare uniti e compatti traccia dopo traccia, nonostante tutto e nonostante tutti. Non è un concetto ovvio, meno che mai quando ci si ritrova nella condizione dell’indipendenza, in cui sono le motivazioni e non i fatturati a raccontare chi sei veramente.

Come faremo ora che è tutto come prima? (O è un cerchio che si chiude)

fine before you came live
(Fonte: finebeforeyoucame.worpress.com)

Sfortuna quando esce diventa un piccolo culto. Parla una lingua nuova – l’italiano, una soluzione inedita per la band – e almeno tre linguaggi: l’hardcore, l’emo, il post rock. Soprattutto, dice quello che c’è bisogno di ascoltare in un momento storico molto particolare: la crisi economica iniziata due anni prima ha cambiato le carte in tavola e si deve cominciare a portare al ribasso le proprie prospettive lavorative e sociali. La vita diventa durissima e si rischia di rimanere con un mucchio di ossa rotte al posto delle mani. Le canzoni dei Fine Before You Came non affrontano direttamente l’argomento – semmai si parla di relazioni finite e di quanto sia difficile venirne a capo – ma è inevitabile che chi sta lì fuori ritrovi i contorni e percepisca il respiro di una situazione sempre più nera. “Ho tirato pugni da ogni parte solo per uscire da un sacchetto di carta”, gridano i Fine Before You Came in VIXI, forse il brano definitivo dell’intera discografia: è chiaro che c’è un pezzetto di ognuno di noi in questi pugni che volano e in questa disfatta annunciata, mentre intorno si alza un rogo emocore in 5/4 che amplifica il messaggio e che dieci anni dopo non ha smesso di bruciare. Solo che quelle parole hanno un potere strano. Quando le ascolti in cuffia ti inchiodano alla tua sconfitta, non ti lasciano margini di manovra, non puoi fare nulla che non sia la presa d’atto del tuo corto circuito privatissimo. Ma quando le senti a un concerto dei Fbyc, quelle stesse parole diventano altro. È come se ti chiamassero alla rivolta: la band parte e tu urli con loro più che puoi, fino a strapparti le corde vocali, fino a bucarti i polmoni, fino a svuotarti il cuore. In un certo senso, è la consapevolezza che non tutto è perduto, che la rassegnazione non ti ha ancora mangiato l’anima, che non è vero che la speranza è una trappola. Sfortuna insomma diventa quasi un esorcismo generazionale. Un modo feroce, drammatico e devastante di rispondere colpo su colpo a quei demoni invisibili che sono pronti a banchettare con i tuoi sogni migliori.