Cinque canzoni shoegaze che ti metteranno a nudo

Foto di Ilaria Sponda

Capita spesso di sentirsi dire che i testi delle canzoni sono in secondo piano rispetto al sonoro e che la voce non è altro che un mero strumento musicale a supporto di altri. Questo è vero, non ci sono dubbi, soprattutto nell’ambito shoegaze, dove può risultare difficile distinguere i versi. Però, da convinta sostenitrice dell’importanza delle parole, mi chiedo perché molti trascurino la potenza evocativa di certi testi. Strofe e ritornelli formulano storie che spesso diventano sogni di rivoluzione o d’amore. Sono come il ghiaccio in un bicchiere d’amaro: danno un tocco in più, aggiungono sapore e volume. D’altronde non esiste persona al mondo che, mentre canta intensamente una canzone che ama, non abbia pensato: “Assurdo, pare che l’abbia scritta io, se solo avessi trovato le parole giuste!”. Già, perché gli introversi non sono mai soddisfatti delle parole che pensano, perciò parlano poco, molto poco. Dunque meno male che ci sono le canzoni giuste al momento giusto, quelle che ci svegliano dal torpore e che ci sussurrano belle verità.

I fantasmi non esistono alla luce

Interpol, NYC“It’s up to me now, turn on the bright lights”. Il caos, le luci, il traffico, la frizzante frenesia di una città vissuta a pieno, le mille sfaccettature umane. Si parla di una New York che sebbene ammirata in quanto stimolante, non riesce mai a dare abbastanza. La gente di Milano un po’ lo sa, la felicità dipende tutta dalla propria capacità di reinventarsi. È l’uomo a fare una città, non il contrario. Lo scriveva Italo Calvino nelle sue Città invisibili: le città, simbolo della complessità e del disordine della realtà sono un po’ un inferno, ma bisogna essere capaci di “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”. 

The KVB, On my skin“You know those dreams you had / Where good was turned to bad / Well they’re dead and buried now”. Dormire dentro la sua mano e sognare che tutto quel buono si trasforma nell’opposto. L’inconscio parla, a volte urla, e ci si sveglia nel buio della notte cercando conforto da un’oscurità che sussurra di mantenere la calma, perché si tratta solo di un brutto scherzo. Invece no, l’oscurità inganna e quei sogni ricorrenti si rivelano reali. E a distanza di tempo da quelle notti insonni, gli incubi sono stati seppelliti e le notti sono tornate tranquille. 

Stella Diana, Iris“I would like more colors, more than I need”. Si è costantemente alla ricerca di qualcosa in più dagli altri e da noi stessi. Così è e così deve essere, soprattutto in primavera, quando una sottile ansia e una lieve nostalgia di non si sa che cosa pervadono i nostri corpi e affiorano con docile tepore. Ci si risveglia, piano piano, si riaccende la scintilla e la fame di novità. 

The Radio Dept, Strange things will happen“You can’t reach me cause I’m way beyond you today”. Arriva un giorno in cui ci si sente così distanti dai fantasmi del passato che non riescono più a toccarci. Si è uno, due, tre gradini più su, non più giù: si sale verso la luna, si sale dall’abisso di cellophane che ci ha stretto a lungo. La luna è sempre più luminosa e sempre più vicina. I fantasmi non esistono alla luce. 

The Backlash, Black ice eyes“You’ll find the sense, even if there’s no sense”. I fallimenti e le conquiste, gli arrivederci e gli addii, bocche che sono deserti e altre che sono piene di fiori. La vita è piena di strade da percorrere, giuste o sbagliate, in salita o in discesa, da soli o in compagnia. Adattarsi agli stravolgimenti degli equilibri raggiunti è una lenta battaglia che si può vincere con la giusta tattica: trovare un senso a ogni rottura. D’altra parte anche il non-sense dadaista un senso ce l’ha. 

La primavera è arrivata

Dicono che una rondine non fa primavera, ma queste cinque canzoni sì. Lo shoegaze parla, se lo si sa ascoltare. Cosa dice attraverso questa playlist? Che ogni shoegazer che si rispetti ha una forza vitale insita nella sua persona che aspetta solo di fiorire. Questi brani parlano tutti della stessa cosa: del volersi aprire al caso, accettare ogni sfida e porsi degli obbiettivi. Un altro cerchio si è chiuso, la primavera è arrivata ed è tempo di fare di più.