Lunedì shoegaze e dream pop. Recuperi necessari

Collapse (foto: profilo ufficiale Facebook)

Shoegaze Blog ha sempre l’attenzione alta nei confronti di tutto ciò che riguarda lo shoegaze, il dream pop e rumori assortiti, così ecco un piccolo elenco di uscite discografiche degli ultimi mesi, piccole chicche che potresti aver perso o grandi dischi che valeva la pena di recuperare. Premi play e fai molta attenzione, perché qui ci sono album che si candidano già adesso a entrare nella classifica di fine anno.

Idi Et Amin, Candy suck

More than much, traccia d’apertura di Candy suck, ha un’introduzione che è quasi una citazione di Today degli Smashing Pumpkins. È uno shoegaze ad altezza college rock, collocandosi sulla ormai consueta formula vuoto&pieno grunge che sta caratterizzando gran parte della produzione nugaze di questi anni. Gli statunitensi Idi Et Amin sono tra i migliori sulla piazza: vuoi dare una possibilità a questi pezzi?

Indoor Voices, Falling

Il canadese Indoor Voices mescola dream pop in dissolvenza in stile Landing e post punk siderale sulla scia dei Belong. Chi cerca nella musica un suono che sia ultraterreno eppure al tempo stesso umanissimo, può puntare dritto sul caos calmo di Falling.

Me You Us Them, Sound confirms

Il suono americanissimo che si sente in cuffia conferma che i Me You Us Them sono tornati davvero, dopo uno stop ultradecennale che pare ormai un passaggio obbligato per chiunque faccia la nostra musica preferita. I ragazzi attraverso lo shoegaze diluiscono o inaspriscono una furia di derivazione grunge. Gran stile.

Collapse, Black sheep is still dreaming

Con il primo brano, l’Islanda scivola in Giappone: Implosion pare la somma che non c’è mai stata, quella tra i crescendo gioiosi e un po’ malinconici dei Sigur Rós e la vocalità ristretta dei primi Múm. Il resto del disco è la fortissima baraonda atomica con cui i Collapse hanno saputo conquistarci.

Castlebeat, Half life

Il progetto Castlebeat è un piccolo culto per reduci chillwave, con tutto quello che ne consegue: nostalgie post punk e sospironi dream pop. Le canzoni di Half life aderiscono perfettamente a un certo rigore diy che prevede, sostanzialmente, una poetica agganciata a una quotidianità tangibile. La cameretta è ormai la nuova arcadia del neo-romanticismo metropolitano, o forse è solo una zona franca in cui riaffermare chi sei davvero. Castlebeat la mette giù così: «Home. It’s just another place that you know to keep your body moving slow».

Art Moore, Art Moore

Il languido dream pop di Bell, canzone dei californiani Art Moore contenuta nel disco eponimo, è un racconto di amori spezzati e rimorsi tardivi. Una ballata con margini di psichedelia che racconta di chiamate telefoniche all’ex di turno: lo stesso stratagemma narrativo usato da Adele (ma ovviamente non solo da lei) in uno dei suoi pezzi più noti, solo che la band mette in scena un proprio canovaccio che non prevede scuse, ma solo prese d’atto. Bella canzone, bell’album.

Lacing, Never

Dal Tennessee, uno shoegaze mercuriale che scivola e risale tra gli estremi Whirr e Slowdive – torride distorsioni, gelidi riverberi – e che tocca anche certe temperature artiche slowcore. Non sarebbe strano trovare questo ep nella classificona di dicembre delle migliori uscite del 2022. Puoi fidarti del tuo amichevole Shoegaze Blog di quartiere.

Twen, One stop shop

La voce pirotecnica che richiama incredibilmente quella di Liz Fraser, una sezione ritmica da red carpet in stile Tame Impala, i riverberi di chitarre squillanti che appartengono alla nostra sensibilità: i Twen a questo giro si poppettizzano a dovere, ma di tanto in tanto tirano ancora fuori suoni capaci di scuotere a dovere le frequenze.