Caro signor Agosto, ti odio un po’ perché sei colorato e io soffro di cromofobia. Non mi fai simpatia perché devo fare per forza qualcosa nelle ferie che mi hanno imposta, come l’ultimo desiderio di un lavoratore condannato alle ore impegnate da cose non tue. Non ti sopporto proprio quando fa caldissimo e tutti pensano solo a questo tuo afoso clima. Quando siamo soli ci fai sentire ancora più soli, non c’è nessuno anche se ci sono tutti, inoltre i nostri desideri immediati vengono rimandati a settembre. Caro Agosto, mese del fermo di Augusto, mi fai desiderare l’autunno e i temporali mentre ascolto gruppi che non sorridono e per questo motivo attendo che termini. Nel frattempo che eravate impegnati con la ricerca di una meta che fosse soprattutto una fonte di frescura, ci sono stati gruppi che vi ricordano con gioia shoegazer l’autunno che verrà, la fine dei profumi al cocco e di quelli che ti vogliono sempre con la tintarella uniforme. Ma la luce del pc di un ufficio non fa da lampada abbronzante.
Medicine, Drugs
I nostri Medicine a giugno hanno tirato fuori un nuovo lavoro chiamato Drugs. Un turbinio di suoni che ronzano tra voci corali come se fossimo sotto l’effetto di una psichedelia beatlesiana. Si torna dunque alle origini dello shoegaze, o meglio alla preistoria del genere, che oltrepassa le loro spalle curve per diventare presente e prendersi la scena tra i fumi e la perdizione. Drugs è un progetto nuovo, ma loro piazzano l’ennesima versione di Time baby, macinata da una batteria cangiante come l’acqua lontana del loro Oceano Pacifico. I Medicine sono ormai davvero distanti, seppur sempre speciali, da quei tempi d’estate, quando guardavamo il VHS del Corvo insieme agli amici, tutti sul pavimento in cerca di corrente d’aria, con la bocca aperta davanti alla bionda Beth Thompson che sul palco cantava ignara di tutto quel casino di fuoco e fiamme.
DIIV, Oshin e Sometime / Human / Geist
La band newyorkese DIIV festeggia i dieci anni dall’uscita dell’album di debutto Oshin con una ristampa speciale, insieme all’album anche due versioni live e un brano inedito. Il doppio vinile contiene i testi, un libro fotografico e un saggio a firma di Shaad D’Souza, giornalista australiano. Nel nuovo ep, invece, è compresa una cover di Bambi slaughter, pezzo che Kurt Cobain incise con i Fecal Matter intorno al 1985. I DIIV sono stati in tour anche in Italia, qualcuno di voi li avrà goduti in qualche festival estivo figo, io li ho persi per i motivi di cui in premessa, ma c’è tempo per riprendere ad ascoltarli fuori da una calca a cui non eravamo più abituati. C’è casa.
Greet Death, New low
Il sound nell’ep degli statunitensi Greet Death vi introdurrà certamente alla prossima stagione che aneliamo, l’autunno. A me ricorda quei momenti in cui è tempo di pensare a un rientro, la fine/inizio di qualcosa. Le distorsioni che scuotono note essenziali, una voce rilassata, un momento slow per noi che abbiamo corso verso qualcosa. I suoni sono tutte vibrazioni di anime lente, ma ancora in gioco. Un album che parla di uomini del Michigan, gente semplice che rientra a casa, il nido preferito piantato da qualche parte nei laghi. Alcune tracce sono un folk scosso ma sincero che ci quieta e ci risparmia le complesse visioni dello shoegaze, ma poi il discorso termina con il brano I hate everything e dunque li comprendo ancor di più
Monochromatic Visions, Reform
Le linee del progetto musicale UK dei Monochromatic Visions sono state disegnate già nel 2014. Reform è un album intrecciato da varie contaminazioni. Innanzitutto ci sono le drammatiche chitarre post punk, ovvero il massimo piacere esteso dei suoni. Lo shoegaze è invece nel cantato ritroso stile Jesus and Mary Chain e in queste onde overdrive mosse da vibrazioni dark, con i ritmi effettati che diventano perfetta new wave. In Fireworks si offrono balli in spiagge buie davanti ai fuochi, come se fossimo a un party dark dei Raveonettes. Negative girl ha il suono stile “ragazza con i capelli bagnati simili a cavi jack”, quella a cui vuoi dare baci salati: ci senti un’intensità elettrica evidente e tridimensionale. Una musica nata dai Cure e violentata dagli anni Novanta da ascoltare con gusto e mistero.
Graywave, Rebirth
Nell’ep Rebirth di Graywave entriamo dentro atmosfere non dark ma grigie, sfumate in un nugaze goth e nebbioso come la città da cui l’artista proviene, Birmingham. La soluzione è il grido fantasma di Jess Webberly, che ci circonda con lunghe note vocali che soffiano e soffrono come vento e pianti. A corredo, una chitarra gonfia di overdrive e, al tempo stesso, languida di chorus, che si fa largo tra perfetti tocchi di batteria cadenzati nel riverbero.