Martedì shoegaze. Il momento giusto

Panda Riot (foto: instagram.com/73robo)

Tu che cosa chiedi allo shoegaze? Se non sai rispondere, o se la tua risposta è sempre la solita (My Bloody Valentine), allora forse non dovresti leggere queste righe. Perché Shoegaze Blog da sempre fa della scoperta e della curiosità un punto d’onore: i grandi classici li conosci già, prova ad andare oltre, a inoltrarti in zone d’ombra, lascia perdere Google Maps che ti porta sempre dove c’è Loveless. Premi play e raccontami con la musica chi sei veramente.

Votiva Lux, I need to breathe

L’attacco è perentorio: subito la chitarra prepara la carica e dà il via a un rock’n’roll ammantato di riverberi e corroborato di distorsioni. Poi la voce: è Mark Gardener dei Ride. Non proprio un cantante a caso quello che si sente in questo brano dei bolognesi Votiva Lux, band che torna in attività dopo una pausa lunga un paio di decenni (un classico che si rinnova). Lo shoegaze è un genere musicale che ha molta, molta pazienza. E sa attendere il momento giusto.

Panda Riot, Extra cosmic

Nella biografia presente su Spotify, i Panda Riot sottolineano il fatto che amano filtrare i loro sintetizzatori attraverso l’utilizzo di un pedale pensato originariamente per il death metal. In effetti la band americana si diverte a derapare tra Beach House e Astrobrite, tra chitarre che digrignano e vocalità che volteggiano leggere. Praticamente si copre tutto l’arco costituzionale dello shoegaze e del dream pop. Come due band al prezzo di una. E senza la fregatura che di solito caratterizza offerte di questo tipo.

Animal Ghosts, Wallow

Lo statunitense Animal Ghosts ha una creatività strabordante, quasi al livello dei King Gizzard & the Lizard Wizard: pubblica costantemente nuovi album (uno nel 2019, tre nel 2020, uno nel dicembre 2021 e questo, Wallow, qualche giorno fa), composti da canzoni con un minutaggio mediamente abbastanza sostenuto e, soprattutto, ben ancorati in uno shoegaze di sussurri costanti e fragori incessanti. Non ha dato mai l’impressione di volersi spostare più di tanto da questa formula e anche stavolta va a insistere sullo stesso concetto, ma poi succede che arriva un brano come Stellar che ti costringe ad alzare il volume, lasciando che quel fragore sussurrato apra un varco nella tua colonna sonora quotidiana.