Il rumore degli aerei crea un frastuono inquietante. La guerra è lontana dal Friuli, ma la sento vicina. Avverto un brusio di sottofondo – forse immaginario – riverberato dall’attrito delle onde sonore contro le montagne. Di solito preferisco il paragone classico dello shoegaze, quello dell’aspirapolvere, ma la mia mente ha bisogno di pensare alla musica anche quando non c’è nulla di piacevolmente armonico in quello che sta accadendo in Ucraina e nel mondo.
Avete presente quando, sul Titanic, il capitano ordina alla band di continuare a suonare per accompagnare l’evacuazione – per così dire – dei passeggeri? La musica dovrebbe continuare ad accompagnare ogni circostanza e spero che chi sta soffrendo in questo momento riesca a mantenere viva la sua piccola orchestra interiore, per darsi forza. La musica racconta e denuncia; il suono che si materializza nei circuiti delle subculture è sintomo di contaminazioni e ideali molto più nobili di ogni sovrastruttura sociale.
Gli On The Wane iniziano a fare dark gaze un po’ noise in un garage di Kiev affittato nel 2014. Nei primi due album, Dry e Sick, si sente che le chitarre non hanno più lacrime, mentre il basso sembra sfiorare l’abisso, invocando tutte le atmosfere della new wave più pura. La scritta Sonic Youth si legge graffiante sul vetro di una finestra impolverata e penso che vorrei sentirli dal vivo.
Non si hanno notizie del gruppo ad oggi, i loro social sono tutti fermi da due anni, ma questo pezzo del loro ultimo album (Schism) fa venire i brividi per il testo profetico, come del resto il nome della band che in italiano significa “in declino”. Si sente la batteria che si alza improvvisa, la rabbia che sale in coro, come quando bisogna urlare qualcosa di importante a chi non ascolta. Stava iniziando a succedere qualcosa di brutto in Ucraina e quel sentore suona come un inno punk alla pace: «Can the world be unhurt?/Ukrainians or Arabs, lovely villages and rivers./ Blooming gardens and big cities, must be on alert».
Emergiamo dalle tenebre con i Bichkraft, che sono cresciuti a Kiev e con la loro musica sono riusciti a trasformare la tensione in accordi ironicamente raggianti. «Baby, baby it’s true / There’s no safe place for you». (Desire). Tutta la paura per quello che verrà diventa un desiderio di ballare, come se fosse solo un film distopico in cui arrivano i Blur a suonare a una festa.
Ma è possibile che tutto questo stia accadendo davvero? Nelle preghiere di chi ormai è lontano dal proprio paese, gli angeli portano messaggi di malinconica speranza. «Damage done, now time for healing», cantano gli Ummagma in Kiev (Antigravity, 2012), un tributo alla città del chitarrista Alex Kretov. Ora il duo vive in Canada, ma nelle atmosfere dream pop delle loro canzoni si sente tutto il bisogno di guarigione e pace.
Fonti:
https://thequietus.com/articles/30342-new-weird-ukraine-2
https://daily.bandcamp.com/features/bichkraft-800-feature?utm_source=footer
https://noiseartists.net/home/2018/4/10/on-the-wane