Il nuovo disco che i Mogwai hanno pubblicato sette giorni fa, As the love continues, ha raggiunto il numero uno nella classifica di vendite britannica. È la prima volta in assoluto per la band scozzese. Per tutta la settimana c’è stato un testa a testa tra l’album della formazione post rock e quello del rapper britannico Ghetts, intitolato Conflict of interests, in una surreale campagna social che ha tenuto banco per tutta la settimana su Twitter.
Il rapper ha lanciato l’hashtag #ghetts4number1 con l’obiettivo di far arrivare il suo disco in cima alla top ten. La risposta dei Mogwai non poteva che essere uguale e contraria: #mogwai4number1 e via di post, tweet, foto, video, storie.
È stato bello vedere come la mobilitazione in favore dei Mogwai abbia coinvolto anche alcune delle mie band preferite: Low, Slowdive, Explosions In The Sky, Manic Street Preachers, The Jesus And Mary Chain e soprattutto Robert Smith, da sempre un estimatore del gruppo scozzese. Stranamente mancano i Blur…
Hardcore will never die
Per capire che cosa vuol dire questo incredibile numero uno bisogna fare un riepilogo. Tra il 1997 (quando Young team esordì alla settantacinquesima posizione) e il 2021 si sono susseguiti il brit pop e il big beat, il nu metal e l’emul rock, il punk funk e il grime, il dubstep e la trap. In mezzo a questa sequenza di tendenze musicali quasi tutte scadute al cambio di stagione ci sono sempre stati loro: i Mogwai. Buffo come una band post rock – un genere che certi presunti esperti considerano morto dal 1999 – abbia fatto kaboom proprio adesso che la musica si è trasformata in una roba spesso tarata su schemi rigidi – la voce entra qui, la canzone finisce così – e minutaggi contenuti. I Mogwai sin dall’inizio della loro carriera vengono raccontati come dei perfetti professionisti del crescendo, come se la loro musica tutta fragori e batticuori fosse un impiego come un altro e nulla più. Ma che cosa ci sia di routinario nel suono di questo progetto anomalo è un mistero. Dov’è la ripetizione, la formula, il mestiere? Se c’è coerenza, è quella di un gruppo che continua a suonare a volumi prepotenti mentre gli altri stanno lì a disquisire. Quando esce un nuovo album, i Mogwai vengono definiti allo stesso tempo ormai finiti e finalmente risorti: se non fosse però che in questi due decenni se ne sono andati tutti tranne loro. Hardcore will never die, but you will.
Un amore che continua

As the love continues al vertice delle vendite in Gran Bretagna è la notizia musicale più clamorosa degli ultimi anni – se non decenni – perché una band realmente diversa dai canoni in voga è riuscita per una volta a sparigliare le carte. Ma non solo. I Mogwai hanno svelato tre fondamentali verità nascoste. Che è possibile avere una carriera ultraventennale nel mondo della musica senza cedere all’ossessione della popolarità a ogni costo. Che non sono gli stream a raccontare davvero una canzone. Che ha senso suonare anche se il vento tira da tutt’altra parte. Questo primo posto non definisce insomma i Mogwai per quello che sono e che continueranno a essere – a prescindere da tutto – ma paradossalmente rende chiaro a chiunque che c’è vita oltre le classifiche. Basta non accontentarsi di ciò che dicono i grandi numeri, che non sempre hanno ragione. Quella della formazione scozzese, insomma, mi sembra una storia bellissima. Un amore che continua. E per citare uno dei nuovi brani: fuck off money.