YouTube, 29 gennaio 2021. Una sera come le altre, con la differenza che l’atmosfera stavolta è più carica del solito. Le luci soffuse nella stanza: la mia. Un fumo denso: quello proveniente dallo stick di incenso. L’esperienza di un primo live in diretta da casa e mediato da quello schermo che tanto odiavo ai concerti, quando mi coprivano la visuale sulla band. Manca un quarto d’ora all’inizio dello streaming degli statunitensi Laveda e mi sento molto più elettrizzata di quando, un mese fa circa, si faceva il conto alla rovescia per l’anno nuovo. È strano non dover attraversare un’intera città per arrivare in anticipo al concerto. Sono qui, al centro della mia cameretta, senza scarpe ma con le calze di lana, senza giacca ma col maglione dei giorni di studio. L’infuso alla mela e arancia si sta ancora lasciando andare nell’acqua bollente, al che bevo un sorso di acqua del rubinetto. Non mi sarei aspettata niente di tutto ciò che ho provato nella mezz’ora successiva. Non c’è nulla di normale nel prepararsi per assistere a un concerto online, però che bello riprovare almeno per un attimo quella vecchia sensazione di attesa. Manca la band di apertura, mancano le chiacchiere (degli altri, in quanto la maggior parte dei concerti che ricordo me li vedevo in solitaria), mancano i profumi, gli odori di birra, le persone ammassate. C’è però chi è presente con me, dall’altra parte dello schermo del cellulare, come ogni sera, e questo mi basta.

Era da tantissimo che desideravo vedere i Laveda live e averne la possibilità – seppure in questa modalità alienante e assurda – è un’esperienza emozionante. Rompono il ghiaccio suonando Better now seduti sul pavimento: sono a loro agio, trasmettono la tenerezza e la purezza di cui si ha tanto bisogno in questo periodo. Le loro voci, la drum machine, le chitarre effettate, i synth: tutto scorre leggero e ruvido, non si sa perché né come, ma è come essere lì, sul loro stesso tappeto, a condividere un momento speciale.
Sometimes I feel like I can only describe the world in words that don’t even actually exist
And even if I’m not physically here
Even if I’m transparent to everything that’s surrounding me dispute all that I still think it’s all fucking amazing (“L”)
Seguono L e Blue beach e aggiungono delle note di calore e melanconia. Mi piange un po’ il cuore a non poter sentire quell’energia umana attorno, il calore dei corpi, le altre voci che cantano con me. Mi ricordo di tutte le serate passate nel rumore di una musica bellissima. Ali e Jake sembrano così distanti eppure così vicini. È bellissimo sentire le versioni più scarne e lo-fi dei brani tratti dal loro LP di debutto What happens after. La drum machine si distingue chiaramente dal resto, dà come delle scosse al tempo che passa seguendo il ritmo di chitarre più eteree e meste di quanto lo siano nelle registrazioni. Si riesce ad apprezzare ogni singolo elemento delle loro canzoni complesse ma lontane dall’essere “per pochi”. Poi arriva la volta di Ghosts, uno dei brani che mi piacciono di più dell’album, per finire con Dream. Sleep, senza dubbio la mia preferita. Si apre un portale e si viene immersi da un vortice – veloce e confuso – di ricordi, rimorsi, rimpianti e tutto ciò che sta in mezzo.
Fresh new cover to spice things up at the end – this one is for all the die hard shoegazers
La descrizione dell’evento su Facebook incuriosiva. Cosa si può aspettare un die hard shoegazer? Cosa se non una cover dei My Bloody Valentine? E così è stato: la cover di When you sleep ha davvero insaporito la fine del live. I Laveda hanno saputo costruire un muro di rumore denso, senza lasciare aria né vuoti. Non voglio che se ne vada la sensazione di conforto e tristezza che si sta espandendo pian piano dentro di me, come un sogno al risveglio, come il sole al tramonto. Purtroppo il sogno finisce, lo schermo diventa nero e non rimane altro che il retrogusto amaro dell’effimera e dolce gioia che i concerti mi hanno sempre trasmesso.