Grouper, mia regina

Grouper (foto: Bandcamp)

Mentre parla, Mauro non guarda nemmeno la webcam, preferendo sottolineare questo istante di verità – il primo forse da quando ci siamo conosciuti – col suo solito rito di cannibalismo infantile: denti contro unghie. Lo fa con calmo nervosismo, come se ci fosse un metodo e non un tic dietro questo gesto che porta con sé da almeno due decenni: inizia sempre dall’indice e poi attacca il pollice, sul quale adesso insiste sempre di più, come se volesse sincerarsi che non gli sfugga nemmeno un millimetro scoperto di lamina. Vorrei dirgli che tutto sommato esistono modi meno nobili per chiudere una storia: una scusa, un bacio, una carezza, un tradimento. La sincerità, se non è istigata dalla cattiveria, è un segno di rispetto, anche se è facile quando poi non sei tu a dover raccogliere le macerie. «Lei, gliene do atto, trova sempre le parole giuste in ogni circostanza, mentre io parlo prevalentemente attraverso mezze frasi e sguardi bassi», dice Mauro. In pratica, lui e lei hanno vissuto per troppo tempo agli antipodi di un mondo immenso chiamato incomunicabilità. La cartolina d’addio è un semplice messaggio Whatsapp senza astio e senza futuro che lei ha inviato a lui. Una frase mi ha colpito: «I tuoi silenzi non ci lasciano scampo». Non so bene come dargli un conforto che sia qualcosa di più di un semplice incoraggiamento di circostanza.

Respirare in apnea

La storia di Mauro mi fa pensare a una canzone misteriosa, una di quelle che si regge su un filo di voce in un vortice di tormenti: Heavy water/ I’d rather be sleeping di Grouper (tratta dal disco Dragging a dead deer up a hill del 2008). Ed è una musica che fa male, perché è la musica di chi vive col cuore spezzato. «Mi sento incapace di stare in una relazione, di trovare l’amore. Sono pessima nel prendermi cura degli altri e nessuno si prende cura di me», ha detto Liz Harris. È raro trovare qualcuno che non giri attorno ai propri sentimenti e che non finga di sapere come si sta al mondo. Grouper parla eccome nelle interviste – mai banali, mai di routine – come quella volta in cui ha detto che «il nichilismo non è sostenibile». Un pezzo come Heavy water – un dream-folk di riverberi e malinconie – non solo lo rende sostenibile, ma ci aiuta a venire fuori dai vuoti d’anima che spesso finiscono per lasciarci con l’umore a terra. Grouper, mia regina: i tuoi brani ci insegnano a respirare in apnea quando acque pesanti ci travolgono.