Chiude l’Ohibò di Milano e resta un groppo in gola che non va più via
Rev Rev Rev all'Ohibò (foto: Ilaria Sponda)
Il bello è che lì gli sconosciuti hanno sempre facce amiche, anche solo grazie a un cenno che è un segnale di appartenenza e vicinanza: come dire, non esistono persone sole all’Ohibò. Ogni sera in questo piccolo locale milanese c’è una festa che racconta una città variopinta e non catalogabile, che si muove trasversale dai venti ai quarant’anni, certamente giovane nel cuore e magari piaciona il giusto quando c’è da scuotere le notti del weekend. È una questione di dettagli. Il minimo comune denominatore di chi ci va è infatti una costante attenzione alla musica meno convenzionale in circolazione, che si tratti di cantautorato zuccherino in re maggiore, trapper fuori dai denti, noise rock ad alzo zero, elettronica di lotta e di governo. La storia di Mahmood, per esempio, pare il season finale di una serie Netflix: una settimana prima della vittoria a sorpresa a Sanremo 2019, l’artista milanese aveva fatto un concerto proprio lì dove Mara Venier non ha mai messo piede. L’Ohibò è stato il punto di partenza dell’attuale musica d’alta classifica, ma sicuramente non è un caso se da qui sono passate anche band come i Be Forest e i Rev Rev Rev, ovvero gruppi che in Italia a volte sembrano corpi estranei ma che all’estero viaggiano a velocità tripla rispetto alla maggior parte dei loro colleghi. Mi piace anche ricordare che l’Ohibò ha ospitato diverse edizioni di In a State of Flux Festival, ovvero quella utopica rassegna shoegaze e dream pop che quest’anno doveva diventare ancora più grande e che invece si è andata a schiantare contro una realtà pazzesca e terrificante.
Ecco: tutto questo per dire che l’Ohibò chiude per sempre. Lo raccontano i ragazzi di Costello’s, che hanno gestito la direzione artistica del locale negli ultimi anni. Non ci sono parole.
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Senti che silenzio che c’è tutto attorno adesso? Hai anche tu lo stesso groppo in gola che da mesi non va più via? Ecco: è Milano che si ferma. Il ribaltone messo in atto dal nuovo pop – ormai padrone di palasport e grandi arene – non deve farci perdere di vista l’importanza decisiva dei locali piccoli: perché è lì che nasce tutto, perché è lì che la musica prospera, perché è lì che una città vive davvero. All’Ohibò e ai ragazzi di Costello’s un grazie grande così: e speriamo che la notte passi in fretta.