Playlist. Dieci canzoni shoegaze da ascoltare quando finiscono le ferie

Sono tornato dalle ferie: come al solito troppo brevi per riprendere fiato e colore, se non altro necessarie per ritrovare entusiasmo e aspettative per l’anno che verrà, quello che comincia a settembre, non certo a gennaio. Milano mi dà il benvenuto a modo suo: ventisette gradi alle undici di sera e un’umidità che schianta pure l’asfalto. Essendo un tipo che suda pure sotto la doccia, mi trovo in grande difficoltà. Il freddo lo combatti, il caldo lo subisci. Così mi ritrovo blindato in camera da letto con un ventilatore che frulla l’aria come se fosse un phon senza mezze misure: mi sbatte sui piedi afa stanca e senza brividi, di fatto è più un fastidio che un sollievo. Dormire insomma è impossibile, non ci riuscirei nemmeno davanti a una puntata di True Detective o Mad Men.

La vita raccontata dalle pareti di casa

E allora, al posto dello schermo del computer, osservo la parete davanti a me. Che di solito racconta tutto senza dire nulla. Perché una parete è un concetto in evoluzione, cresce con te e cambia con te. Se ripenso alle camere da letto che mi hanno accolto da quando sono nato a oggi, viene fuori una sequenza interessante di robe appese e poi rimosse negli anni che descrivono la mia vita senza giri di parole, andando dritti al punto. In rigoroso ordine cronologico: un trenino adesivo coloratissimo; il poster di Pippo tennista; gli adesivi di Topolino schermidore; una medaglia d’oro del nuoto; la prima pagina del Corriere dello Sport con il terzo posto dell’Italia nel ’90; un calendario di animali dell’Asia; un poster con dedica di Fargetta; gli Smashing Pumpkins; i Nirvana; la copertina di Hail to the thief dei Radiohead con una serie di parole a caso, delle quali la più rassicurante è “decay”; i Clash; i Notwist; una zanzara morta da una settimana con del sangue secco intorno; una ragnatela. Ecco, io non so che cosa voglia dire tutto ciò (niente di buono, così a naso). Nel dubbio prendo lo smartphone, cerco su Spotify la playlist di Shoegaze Blog con le dieci canzoni da ascoltare quando finiscono le vacanze estive e premo play, lasciando che sia una musica gentile e un po’ triste a trarre le conclusioni.

L’estate è una stagione crudele

1. 4vesta, Evening star. Una ballata in crescendo, fatta con sole tre note o giù di lì, quelle che servono per cullare un cuore malmesso e malinconico dall’estate ormai finita. Con amore, dagli Usa.

2. Teen Blush, Felt like home. Casa ha sempre un odore diverso quando torni da una vacanza: una fragranza dolce, morbida, delicata. Come il suono ovattato ed emozionante di questo progetto americano.

3. Soviet Soviet, Fade away. Vedi alla voce “punk per introversi”: i Soviet Soviet disinnescano la paranoia per il ritorno dalle ferie alzando un muro alto così di distorsioni e riverberi.

4. Tennis System, Deserve. Stessa formula, ma con più rumore e meno riverberi. Il risultato non cambia: velocità, melodia, ultrapotenza. Un altro pop è possibile.

5. Eddyevvy, Even after. E che cosa vuoi dire? Premi play e trova un posto dove lasciare scorrere quella commozione che un presente cinico ti costringe a trattenere in quella zona a metà tra cuore e cervello. Dicono che l’anima si nasconda lì.

6. DIIV, Taker. Questi DIIV in versione Nothing non sono niente male.

7. Jay Som, Superbike. Una delle migliori artiste degli ultimi anni si riconferma: shoegaze, bedroom pop, songwriting, suoni perfetti e costruzione mai banale.

8. Soot Sprite, Bleed. L’estate è una stagione a modo suo crudele: ti regala promesse che raramente si realizzano. Ecco: questa bellissima canzone non ti aiuterà a sciogliere quel magone che ti porti dentro, ma sarà il conforto necessario per i giorni a venire.

9. Brightness, Year of the goat. Quando mi hai fatto scoprire questo brano, ho capito che in fondo la musica è una questione molto semplice: se ci sono brividi è fatta.

10. Ride, End game. Il super discusso This is not a safe place ha spaccato in due fan e critica. Non saranno più i Ride shoegaze di un tempo (ma in fondo lo sono mai stati davvero?) ma certi suoni li sanno tirare fuori solo loro.