Be Forest, il buio è cupo ma curioso

Foto di Ilaria Sponda

Milano, 7 febbraio 2019. In un buio che non è solo incubo a un tratto una luce calda, tenue, come un fiammifero nella notte.

Un cuore batte: è il suono delle percussioni che dà inizio al rito ancestrale. Si percepisce subito un ritmo cosciente e persistente, la chiave di volta che compatta i riverberi stratificati dei Be ForestTre corpi che fanno un’anima sola sul piccolo palco milanese dell’Ohibò, in sospensione tra un buio interminabile e una luce aleatoria. 

Questo è Knocturne, il nuovo album, un abisso morbido e coinvolgente, di velluto nero e profondissimo, senza pareti alle quali appoggiarsi, in cui si ha la consapevolezza di poter arrivare ovunque. E i Be Forest sanno scendere in profondità senza paura, si muovono all’unisono, tra continui scambi di sguardi ed energia, performer senza maschera eppure senza volto, riflesso di tutti e di nessuno, radicati in quella linea a metà tra reale e fittizio, noto e ignoto.

Foto di Ilaria Sponda

“Looking for a new world / We lost ourselves / Different from all others / We have no fear of nothingness”

Tra riverberi caratteristici, delay e percussioni decise, si corre senza sosta, in una foresta immaginaria, accompagnati da una voce calda e profonda. Si corre a ritmo, mai stanchi, respirando nel tormento e nello smarrimento tra ciò che si è e ciò che non si è. 

Il buio è cupo ma curioso, se lo si sa contemplare.