Oggi la neve scende lenta, bianca e definita, come quella dei cartoni animati. Sembra giocare un po’ col freddo attorno prima di planare su di me con un’incertezza che svanisce nell’arco di un respiro. Cammino mentre fiocchi gelidi si attaccano alla mia testa, come se volessero assaggiare i miei pensieri. Chissà che gusto hanno, mi chiedo. I pensieri felici me li immagino al sapore di frittata con le patate: fragranti, intensi, allegri. Ti riempiono, ti lasciano soddisfatto, non bastano mai. I pensieri malinconici probabilmente hanno l’aroma di una tazza di latte caldo e privo di lattosio: senti che manca qualcosa, senti che non tutto torna, senti che non è come te l’aspettavi. Non ho invece il minimo dubbio sui cattivi pensieri: sanno di camembert. Mi regalano solo nausea. E poi puzzano, puzzano terribilmente.
Note sottili, foschia diffusa

Haze degli Obree è esattamente quello che dice il titolo. Note sottili, foschia diffusa, melodie ovattate come un sogno dai contorni sfocati ma dalle sensazioni vivide. L’apertura è dream pop solenne e discreto al tempo stesso, lento di beat e intenso di suoni. Fever prosegue il discorso: luci notturne e pigri risvegli, elettronica d’atmosfera e riverberi puntellati da una drum machine scheletrica eppure incisiva. Tuesday è una rottura dello schemi, è shoegaze travestito da post punk, alza i tempi e colpisce il bersaglio. Worth è uno dei pezzi più dritti dell’album, un singolo da giocarsi bene in questa era di riscoperta wave e di estetica Stranger Things. Quello degli Obree è insomma un progetto davvero irresistibile. Ovviamente tra le migliori robe dell’anno.