C’è questo tizio che mi dice basta. Lui suona in una band shoegaze non particolarmente conosciuta anche se piuttosto ben considerata nell’ambiente. “Sono stanco, non cambia mai nulla, che senso ha? Soldi spesi, chilometri mangiati, sacrifici fatti per… niente. Pochissimi riscontri, un generale disinteresse, qualche recensione stiracchiata e molti, troppi silenzi”. Dice stop, vuole sciogliere il gruppo dopo anni di tentativi di galleggiamento andati male.
Ti capisco. Chiunque sia stato musicista anche per poco tempo capisce la tua frustrazione e soprattutto conosce quell’horror vacui che ti morde il cuore quando sembra che il mondo si volti dall’altra parte. Sciogliere il tuo gruppo shoegaze non è però un’opzione. E se hai il tempo e la pazienza di seguirmi, ti spiego quali sono i vantaggi di suonare la tua musica preferita con la tua band.
1) Nessuno ti dirà di abbassare il volume della chitarra
In sala prove, al soundcheck, durante un concerto: chi suona la chitarra è una vittima, sempre. “Scusa, puoi abbassare un po’ il volume dello strumento?”. Non è una domanda, è un maledettissimo incubo che ha tormentato chiunque, in un gruppo, abbia avuto la sfortuna di suonare una seicorde elettrica. Tu abbassi – poco, ma abbassi – e speri che finisca qua. “Potresti abbassare un altro po’?”. Tu abbassi ancora, sorridendo un po’ nervosamente. Ma loro insistono: “Guarda, io non sento nulla, c’è solo la chitarra”. E così un’inedita congiura degna di Game of Thrones – cantante+bassista+tastierista+batterista, ai quali a volte si aggiunge persino l’altro chitarrista, evidentemente un Frey – ti costringe a suonare il vuoto cosmico. Tutti i pedali hanno la spia rossa accesa e sembra che stiano per prendere fuoco. Peccato che dall’amplificatore esca una specie di sommessa flatulenza che non puzza ma che ti fa vomitare lo stesso. Gli altri però sono felici e si muovono come se fossero in apertura ai Coldplay. Ecco: questo in una band shoegaze non succederà mai. Più alzi il volume, meglio è per tutti: sei tu il re, sei tu la regina. E allora coraggio, resta con noi: c’è bisogno del tuo sacro casino. Lo shoegaze non dimentica.
2) Nessuno capirà le parole che canti
Se la chitarra si prende la scena e scorrazza in sala prove come se avesse un reattore nucleare al posto di un Marshall, chi deve metterci la faccia e soprattutto la voce si sente spesso in difficoltà, come se l’asta del microfono fosse un crotalo pronto a colpire. Eppure la figura di chi canta in ambito shoegaze è molto più centrale di quanto si possa immaginare. È una guida che prende per mano il pubblico e lo aiuta a riportare equilibrio, a scandire meglio gli arrangiamenti, a umanizzare il suono ultraterreno. E poi c’è un vantaggio: molti non capiranno le parole di chi canta. Lo shoegaze è il punk degli introversi: che cosa c’è di meglio allora per un timido o una timida di poter dire tutta, ma proprio tutta la propria verità e lasciare che a comprenderla siano solo le persone che ci tengono davvero? Gli altri – gli sciocchi, i distratti, i cinici – non capiranno nulla e magari faranno ironie: meglio così, non hai bisogno di loro. Se invece non conosci la timidezza ma hai gran voce e tanta sicurezza, allora nello shoegaze trovi tutto quello che ti serve per dare potenza, vigore e sbalordimento a ciò che hai da raccontare.
3) Credimi, nessuno vorrà fare a meno di chi suona il basso
Immagina la scena: il chitarrista sta lì chinato su se stesso, sistemando i suoi mille pedali come se fossero carrarmati di Risiko. Poi si mette a suonare neanche dovesse conquistare la Kamchatka a colpi di riverbero. Tu stai lì, guardi la scena con un misto di sconforto e rassegnazione e poi decidi che è il momento che qualcuno riporti ordine, inserendo le note giuste al momento giusto per dare un senso al casino che stanno facendo quegli scalmanati lì davanti. Che vuoi farci, sono ragazzi. Ma senza di te difficilmente andrebbero avanti a lungo. E poi vuoi mettere lo stile, la classe, la bellezza di uno strumento come il basso? In un gruppo shoegaze è il combustibile che fa partire tutto. Senza, si rischia di restare a secco. E più tristi. Non sei tu dunque ad aver bisogno di loro, ma loro di te. Anzi, tutti noi fan dello shoegaze abbiamo bisogno di te. Dannatamente.
4) Nessuno dirà al batterista che cosa fare
Poi arriva qualcuno (il cantante, il chitarrista, il bassista, forse pure il tecnico del suono del locale) che viene accanto a te per insegnarti il tuo lavoro. “Perché non metti il rullante qui? Perché non usi due tom? Perché vai fuori tempo?”, che poi neanche è vero, sono loro che perdono il ritmo e magari vanno in confusione pure con un quattro quarti dal passo lento. Ecco, mandali al diavolo e suona shoegaze. Con lo shoegaze non c’è nessuno che ti romperà le scatole: saranno tutti concentrati a creare varchi interdimensionali con i loro strumenti. Quindi tu resta sul pianeta terra, scandisci la carica e lanciali nell’iperspazio o dove vuoi tu. I tamburi sono solo tuoi, saranno gli altri a doversi adeguare a quello che tu deciderai di fare. E saranno felici di seguirti.
5) Nessuno dirà che non serve un tastierista
Diciamoci la verità: la tastiera nello shoegaze è un lusso irrinunciabile. È vero, c’è chi ne fa a meno, ma che fine avrebbe fatto l’epica di certi capolavori dream pop senza il tastierista che innalza la canzone in cima a tutto e tutti e la fa brillare come supernova perenne? Certo, in una band shoegaze c’è il maledetto chitarrista con quei suoi volumi a livelli acufene che manco Kevin Shields. Ma sappiamo bene che tu, tastierista, hai ciò che occorre per rispondere colpo su colpo, riverbero su riverbero, nota su nota. Da questo scontro nasce sempre musica bellissima, quindi dacci dentro e non deluderci.

6) Seriamente, non esiste un suono più bello
Ci si ritrova non troppo lontano dall’inferno. Ci si innalza fino a sfiorare la stratosfera. Si esalta il pubblico con distorsioni accecanti che sono fuochi d’artificio e bellezza. Si accoglie l’ascoltatore con arpeggi scurissimi che offrono riparo ai cuori difficili. È un suono insomma multiforme ma anche assoluto, lo shoegaze (e generi affini). Ha poco a che fare con lo scenario urbano, pochissimo con la contemporaneità, meno di zero con la banalità che ci propinano. Ma non è una ritirata dal mondo reale. Anzi: noi stiamo qui perché un mondo migliore comincia da ciò che è intorno a noi. E se qualcuno si emoziona ancora per un bel suono, allora c’è speranza per questo povero pianeta. Perché siamo ciò che ascoltiamo e la sensibilità tornerà a essere un valore, anche in una società che sembra incastrata in un paradosso temporale a metà tra il sangue degli anni Settanta e una certa idea vacua e senza stile del decennio seguente.
7) Ma soprattutto, se tu sciogli il tuo gruppo shoegaze la musica brutta vincerà
Ed è qualcosa che non possiamo permetterci che succeda. Lamentarsi della brutta musica è uno sport noioso, degno di chi vive male e vuole trascinare con sé tutti gli altri. L’unica risposta vera alle canzoni brutte è suonare canzoni belle. Se fai shoegaze parti dunque con un grande vantaggio: gli ingredienti sono ottimi e le possibilità praticamente infinite, se le sai sfruttare bene. E poi pensaci un attimo: davvero la musica moderna migliorerà con una band shoegaze in meno in attività? Io credo proprio di no. Ci vogliono meno chiacchiere, più sensibilità, più stile. Insomma, ci vuole più shoegaze. Sempre.