Lunedì shoegaze. A parte il disco dei Whirr

La copertina del disco dei Whirr

Ok, i Whirr pubblicano il nuovo album – e anche altri due ulteriori brani – solo su Bandcamp e la comunità shoegaze internazionale va in crash, nel senso che Raw blue diventa l’argomento di discussione principale in ogni piattaforma. Ma attenzione che c’è tanto di più. Senti che cosa ha preparato per te Shoegaze Blog.

Whirr, Raw blue

A un primo ascolto sembra un lavoro molto Whirr – se ha senso usare questa espressione – ma anche molto poco Whirr: da una parte ha quel suono caratteristico di chitarra come un tunnel infinito (ci entri e non ne vuoi uscire più), dall’altra ha una produzione piuttosto curata e per certi versi pulita, sia pure nel fragore di un album da ascoltare a volumi importanti. È il disco esatto che i fan si aspettavano da questa band, che ribadisce il suo ruolo di frontrunner in una scena affollata da tanti epigoni heavy shoegaze: ha un impatto potente e un mucchio di canzoni ben pensate, ma forse a tratti un po’ troppo omogenee e, in generale, senza effetto boom (benché il brano finale, che si conclude in una dissoluzione al ralenti degna dei Landing, sia notevole). L’album funziona, dunque, però ho l’impressione che tra dieci anni continueremo ad ascoltare Distressor anziché Raw blue. È un voler spaccare il capello in quattro, ne convengo.

Larmes Noires, L’aurore

Lo so che in questi giorni state ascoltando solo il nuovo album dei Whirr, ma attenzione a non perdere certe chicche come questo brano del progetto francese Larmes Noires. Si parte con un crescendo lieve di chitarre in delay e una vocalità distesa ed emozionale – pura e invitante glassa Sigur Rós: e chi siamo per dire no? Poi partono le distorsioni. Anzi, esplodono, deflagrano, bruciano: hai insomma uno dei migliori suoni di chitarra dell’anno. E uno dei pezzi più belli, intensi, empatici di questo 2024. Ricorda un po’ l’epica andata del nostro Bialogard, un nome che ci manca molto, ma che resta nei nostri cuori. Insomma, premi play e unisciti a noi.

A Day In Venice, Endless Christmas

Uno dei miei più grandi desideri finora inespressi è quello di realizzare una canzone natalizia. Ho una fissazione vera e propria: gli arrangiamenti morbidi, gli accordi in maggiore, l’andamento felpato, compro tutto questo e non mi basta mai. Ecco, A Day In Venice ha realizzato un brano natalizio che di festivo non ha praticamente nulla: è un indie rock con sottotesto gaze e sottotracce electro che gira abbondantemente al largo dagli stereotipi del canone, raccontando di spaesamenti e malinconie nel bel mezzo di una gioia collettiva che, a pensarci bene, non ci rappresenta mai.