Il Natale è il momento più slowcore dell’anno. Penso alla canzoncina Bianco Natale e la immagino come un ingenuo dream pop. Mi guardo intorno mentre ascolto To all a good night degli Arab Strap e vedo una città piena di luci, sono mini fuochi che scaldano strade e negozi, sono tantissime e molte sono offerte da privati. Le luci diventano come la musica gestita dalle autoproduzioni, dalle etichette indipendenti o dalle major: alcune intermittenti, altre fisse. Ho riflettuto sulla nascita di alcune pietre miliari che negli anni della radio, tv e del vinile trovavano poco spazio sui media. Oggi le luci sono moltissime, i gruppi e gli album che nascono possiamo diffonderli noi stessi in tutto il mondo, ovunque, senza intermediazioni. Chi brilla di più? Chi resta luce fissa e chi no? Chi può dare alla luce veri movimenti stilistici iconici? E perché le luci e le canzoni di Natale non riescono a dare spensieratezza seppur esposte per questo? C’è Shoegaze Blog che ha qualche bel consiglio e buon proposito per voi.
Soft Blue Shimmer, Love lives in the body
I losangelini Charlie, Kenzo e Meredith hanno tirato fuori il secondo album, dal quale sembrano quasi provenire ipnotiche luci che si fanno spazio tra arpeggi in delay e chorus, con un tono vocale da calorifero che ci culla e la forza schiacciante della ritmica e delle distorsioni che invece ci svegliano. Molto particolari gli attacchi degli undici brani, che all’interno della scaletta dell’album alternano sentimenti giulivi e non, tra l’altro giustificatissimi.
Mila Cloud, Graylight
Graylight è un album davvero particolare, creato dalla polacca Mila Cloud da Varsavia. Si compone con una chitarra drone in fuzz, come un misterioso fuoco fatuo solitario. Dunque riff di estetica crepuscolare, la colonna sonora di notti perdute, trascorse a luci spente. A volte per stare bene bastano semplici plettrate nel buio di un ambiente domestico, il cantuccio dove registrare l’introspezione che cerchiamo. Così l’album diventa un concept legato solo dalla grande malinconia di Mila e le nostre orecchie curiose le fanno compagnia. La musica è una chitarra abbandonata, come una sigaretta poggiata su un posacenere che si brucia da sola.
Euthymia, Naches
Naches è un ep di debutto per la dreamy psychological rock band italiana, come si legge su Bandcamp. È un lavoro che si distingue dalla media, ha un peso specifico che gli dà concretezza e che scalda come una supertermocoperta. È la luce di un focolare che si diffonde con la chitarra e la voce folk-bucolica di Mykyta Tortora, il morbido basso di Christian Tamburi e la batteria di Emmanuele Sestito che esalta i brani come inni pacati e vincenti. Una piccola candela di cera scalda un grande mondo. E noi qui, che non vediamo l’ora di ascoltare il loro album vero e proprio.