Intervista: Felpa. Al mare d’estate andateci voi

Felpa e la sua felpa.

Quando vivevo ancora a Palermo ed ero un adolescente taciturno ho sempre detestato andare al mare d’estate. Non solo per motivazioni dermatologiche – ho una pelle talmente delicata che si scotterebbe pure sotto un neon intermittente – ma anche perché preferivo rimanere a casa ad ascoltare le canzoni che mi piacevano di più piuttosto che ritrovarmi in costume da bagno sotto un ombrellone mangiando cocco fresco e commentando la Champions League (una delle mie attività preferite adesso). Lo so, odiare l’estate può sembrare un furbo stereotipo esistenzialista, ma bisogna tenere presente che nella vita vera di quegli anni significava semplicemente una cosa: passare per nemici della contentezza. Che poi, in effetti, è la traduzione in italiano della parola shoegazer: tutto torna, alla fine. E torna anche con il nuovo album di Daniele Carretti, ovvero Felpa, intitolato Al mare in dicembre, in uscita domani 25 novembre 2022 per Sussidiaria / Audioglobe e che Shoegaze Blog presenta in anteprima esclusiva: guarda il video (girato a Porto Garibaldi nel febbraio 2021 dallo stesso Carretti) con le musiche del disco, terzo capitolo della trilogia strumentale iniziata un anno fa con Prospettiva (strumentale) e proseguita con Esagono. Stavolta il suono di Felpa abbraccia in parte lo stile di un tempo: un dream pop atmosferico e malinconico. La colonna sonora giusta per i cuori infranti. O per chi odia la bella stagione.

Non vado al mare da sei anni

Daniele, vuoi spiegare perché il mare in dicembre (ma anche negli altri mesi invernali) è più accogliente, bello ed emozionante?

«Beh, intanto ti dico che non vado al mare da sei anni».

Maestro.

«In inverno mi piace molto perché non c’è nessuno, il cielo è grigio, piove, c’è vento».

Mi sono sempre chiesto perché le persone che fanno parte del nostro giro e in generale amano il dream pop tendono spesso a vivere l’estate come un supplizio e se potessero si trasferirebbero in Islanda. Siamo gente che non sa divertirsi?

«Ognuno può essere divertente nel suo ambiente e ognuno può essere libero di non divertirsi. Conosco gente che va a mare tutti gli anni e gente che si rompe le scatole in spiaggia. Penso che chi ascolta un certo tipo di musica non è che non sappia ridere, ma trova più evocativi determinati posti in determinati momenti dell’anno. È dozzinale e scontato andare al mare d’estate, c’è più casino».

È curiosa la scelta che hai fatto di anticipare l’uscita del disco con un brano che non fa parte della scaletta.

«Luna piena è una traccia che ho registrato dopo l’album, non volevo inserirla perché secondo me non c’entra nulla con il resto dei pezzi, quindi l’ho pubblicata a parte, anche per uscire ufficialmente con la cover di Twin Peaks che avevo realizzato un paio d’anni fa durante il lockdown. In generale, il nuovo corso di Felpa sarà sullo stile di Esagono, mi sa che abbandonerò le chitarre per un bel po’».

Eppure Al mare in dicembre è un disco dream pop in cui si sente un ritorno delle chitarre nel tuo suono. Si tratta in realtà di un addio allo shoegaze?

«Al massimo un arrivederci. Non ho voglia di fermarmi su un genere preciso e non capisco lo stupore quando alcuni gruppi cambiano stile, non dando ai fan ciò che vogliono per paraculaggine. Adesso mi diverto con i sintetizzatori, con i droni, con l’elettronica. Dal vivo i synth mi consentono di improvvisare, mentre prima andavo in giro suonando la chitarra sopra le basi. Ma c’è di più: non ho neanche più voglia di cantare».

Come mai?

«A parte che non sono un vero cantante quindi non è una gran perdita, ma comunque ho perso interesse. Peraltro da sempre, anche con i Magpie, la cosa che mi premeva di più è sempre stata l’atmosfera creata dalle sonorità. I testi e il cantato sono al servizio degli strumenti, l’attenzione alle parole non deve sviare dall’attenzione verso la musica».

Come si inserisce allora Al mare in dicembre nella tua discografia?

«È un capitolo importante, mi sono divertito a registrarlo. In realtà non è che avessi voglia di tornare a suonare le chitarre, il desiderio era di prendere in mano il basso, infatti ce n’è di più che in altri pezzi pubblicati ultimamente. Mi piacerebbe portare dal vivo Al mare in dicembre, ma è complicato. Non voglio suonarlo con le basi. Mi sono stancato di esibirmi alla chitarra come se fosse un karaoke».

Qual è il brano della trilogia strumentale che più di tutti ci può suggerire come sarà il futuro di Felpa?

«Direi forse Grattacielo, in Esagono, che è quello più complesso strutturalmente. Vorrei continuare su quella scia, ma aggiungendo cassa dritta elettronica e basso. Una roba da post discoteca all’alba».