Lunedì shoegaze. Mia madre vestiva sempre di nero

Knifeplay

Quali sono i vostri fantasmi? La cantina dei ricordi ogni tanto libera degli spettri che ci hanno tenuto compagnia in passato. Capita di sentirsi anacronistici e fuori dal cerchio. Mia madre si vestiva sempre di nero e a scuola i compagni le dicevano che era figlia di un pipistrello: niente di più piacevole per lei del non essere parte dell’aula, d’altronde anni dopo, in ferrovia, si fece licenziare perché non voleva indossare la divisa. E quindi, che cosa vi fa paura? Io ho paura delle persone apparentemente normali che in realtà nascondono spaventose verità. Conosco una persona speciale che produce senza saperlo un infernale horror rock con grande naturale genialità ed è questa la vera paura, lo stupore che mi comunica ascoltarlo. Gli shoegazer lasciano un’aura di inquetudine all’ascolto, si presentano come persone normali il cui ego è placato da questa bella sensazione di non doversi giustificare con nessuno: i conti si fanno sempre con sé stessi. Lasciate perdere dunque ogni timore, sappiate di essere semplicemente affascinanti e unici e ascoltate le proposte di questa settimana piena di fighissimi spiriti shoegazer.

Knifeplay, Drowning

In pieno mood novembrino proponiamo il secondo lavoro della band di Philadelphia. Le sacrali conversazioni musicali in stile slowcore come Low o Red House Painters vengono intensificate dalle efferate distorsioni shoegaze. Sul singolo Promise il cantante TJ Strohmer ha dichiarato a Pitchfork che il brano cerca di catturare le condizioni impoverite e statiche dell’America rurale, «dove i fiumi si incontrano in laghi di fango e gli animali dormono per il caldo». L’album esprime il concetto di apatia di giovani americani fuori dalle city che hanno poco da sognare, morti viventi descritti da un cantato trascinato. Anime perse vagano tra i campi deserti in quel buio che non fa vedere bellezza se non quella di questa interessante produzione americana. 

Submotile, Final summit before the fall

La band italo-irlandese conferma grande luminescenza sonora con questo ottimo album. La delicata voce subacquea e al tempo stesso aerea di Daniela Angione viene armoniosamente inondata ed esaltata dalle sue cavalcate di basso e dalle chitarre sicure e intransigenti di Michael Farren, su strati e strati di riff overdrive. All’ascolto, tutti gli effetti usati contribuiscono ad attirare la nostra attenzione, catturata da uno stile risoluto che dà le carte per un’effettiva rinascita del genere.

Suave Punk, Apathy patrol 

Apathy patrol è il nuovo album di Justin Kim, ovvero Suave Punk da Orange, in California. Un’anima impegnata, anzi impregnata o meglio posseduta, da diverse arti: la fotografia, il cinema e naturalmente la musica. Una bella personalità shoegaze, introspettiva ma con una vocalità spensierata che si scontra con chitarre duramente distorte, ben appesantite da un gain granitico come il suo giudizio sull’esistenza

Kill Your Boyfriend, Voodoo

Tiramo fuori le unghie nere e ci trasferiamo nella stregata Treviso con i Kill Your Boyfriend che ci presentano su un tavolo di marmo il loro nuovo cattivello album Voodoo, un dark wave shoegaze che pare prodotto negli scantinati di Telegram Sam dei Bauhaus ma con una spinta motrice nugaze. A far vibrare i muri sono la chitarra e la voce di Matteo Scarpa e la batteria bastarda di Antonio Angeli: in due fanno un gran piacevole casino che picchia forte e crea panico da sottopalco.