Grouper, “Shade”. La musica ridotta all’osso

Il ritorno di Grouper è un vortice calmo, spiazzante e pieno di vuoti complementari a ciò che di forte suscitano in noi la sua voce inafferrabile, le chitarre così scarne e al contempo corpose e i fuzz intricati che prendono piede di tanto in tanto. Shade è una lenta transizione di dialoghi intimi arricchiti da un’estetica cinematografica, a volte subconsci, altre più chiari e presenti, come se fossero rivolti a noi. Le parole di Liz Harris sono spesso impercettibili e prendono la forma di ritrovate lettere scritte da sconosciuti, consumate dal tempo ma senza tempo, che diventano spettri nel buio ed echi lontani. Grouper ha preso il (dream) folk e l’ha qui decostruito e reso astratto, sfumandolo nel fruscio ambientale e in quello delle dita che scorrono sulle corde, forse in un tentativo di sparire e diventare lei stessa immateriale, come un respiro.