Qualche settimana fa, una mattina tranquilla e di sole. Ero in cucina a prepare il pranzo. La luce entrava indirettamente dalla finestra in ombra. Non ricordo cosa stesse cuocendo in pentola. Ricordo il rumore dell’olio che sfrigolava. La finestra era aperta ed entravano chiari i canti e gli schiamazzi degli uccelli e di chissà quali altri animali dello zoo. Mi sono affacciata con gli occhi rivolti alla foresta urbana, triste, immaginando la sofferenza di quegli animali spaesati ma ormai almeno un po’ soli, così lontani da occhi curiosi e indiscreti. Un po’ come noi essere umani da un anno a questa parte, con qualche intervallo di speranza a ritmo indefinito. Ho abbassato gli occhi per distrarmi dai soliti pensieri profondi e grigi. Ho riconosciuto il gatto bianco e nero con cui scambio sguardi ogni giorno, dall’alto della mia finestra al secondo piano. Mi sono accorta che non era solo, ma in compagnia di almeno altri sedici gatti. C’era chi era sdraiato al sole sull’ampio tetto del concessionario di auto, chi sonnecchiava all’ombra dei muretti dei giardini privati, chi ancora esplorava le fronde di alberi cresciuti in totale libertà. Mi sono sentita per qualche minuto meno sola, mentre osservavo i miei vicini numerosi. Forse ci si sentirebbe tutti un po’ meno soli, se ogni giorno ci fosse concesso uno scambio di sguardi vividi e non mediati da schermi freddi.
The Empty Sleeps, Panthers. Un singolo dream pop che suscita ricordi indefiniti, o meglio, provoca la bella sensazione che ti dà un ricordo in tutta la sua purezza. Un viaggio nel tempo a volte non lineare, a volte cronologico, sui binari di suoni evocativi e in loop.
Julinko, No destroyer. C’è una voce che mi ripete spesso che bisogna approfittare di questa sofferenza da lockdown per produrre arte vera e catartica. L’EP di Julinko, il progetto dell’italiana Giulia Parin Zecchin è nato in una settimana durante la primavera 2020. A distanza di tempo si sente ancora l’abisso di incertezza da tutti condiviso, ancora contemporaneo, ancora alimentato da mille voci confuse nella testa. Uno shoegaze minimale, appuntito, oscuro. Bello.
Grive, Burger Shack. I parigini Grive sono Agnès Gayraud e Paul Régimbeau. Questo è il singolo tratto dal loro primo EP Grive, che sarà disponibile dal 19 febbraio. Una lenta ballata riverberata e onirica, ispirata alla natura circostante l’ex convento di Saint-Ermes. Solenne, la voce ariosa di Agnès sorvola la pesantezza di droni pieni.
Des Roses, 28.08. Uscito nell’ottobre scorso, questo album non deve passare inosservato. I Des Roses sono Louis e Suzanne Lemoine, due fratelli ispirati dalla terra dell’Île d’Yeu, nella casa di famiglia. Il loro primo album è una ariosa e fresca ventata di pop onirico. Splendeur racchiude tutta la dolcezza malinconica che fa stare tanto bene, sulla scia dei brani di Requin Chagrin. Take my hand ricorda invece i suoni spaziali dei Beach House ed è una dose di tristezza perfetta da ascoltare durante i tramonti più colorati e lenti.