Di mattina mi sveglio con delle immagini oniriche in testa, frammenti di sogni assurdi e così tanto reali da sembrare vita. Più penso ai volti, ai luoghi, alle situazioni avvenute nel mio teatro mentale notturno, più essi svaniscono e si fanno inafferrabili. Non c’è niente di più frustrante del voler raccontare un sogno a lui che mi sorride e non riuscire a descriverlo, perché nel mentre che le parole inseguono il sogno per dargli vita ancora, le immagini si vaporizzano e iniziano a non essermi più familiari. Ci sono certe canzoni che però mi riportano lì, nel profondo sonno dove tutto accadde.
Nicetry, Willows. Il vento sposta le fronde di alberi evanescenti mentre una voce silvestre, profonda e ammaliante cattura l’attenzione. I suoni melancolici si situano nel punto di intersezione perfetto tra dream pop e shoegaze. Willows è il debut release di questa band con base a Dublino che di certo non passa inosservata.
Whyyes, EP. Come un risveglio dolce ma confuso in una stanza inondata di luce bianca: gli Whyyes, da Praga, si profilano dolci, ribelli e tormentati. C’è infatti un po’ di oscurità tra le sfumature da femme fatale, una sorta di scoordinazione nella voce che si aggrappa ai suoni decisi degli strumenti, proprio per non perdersi.
Airiel, Bloom. Un ritorno che non si può che accogliere con un sorriso. Bloom è una scarica di romanticismo, come un fulmine nella notte che illumina anche il letto più freddo e buio. La malinconia è solo nelle parole, sommerse in note gioiose e ritmi liberatori e veloci alla maniera dei Ride.
Ma Femme Est Morte, Chrysaora. Il primo singolo del progetto di Eleonora Capodiferro, tratto dal futuro album ANMLS, è una ballata che trasporta indietro al sogno più quieto e nostalgico di tutti, con tutta la voglia di ritrovarlo e al contempo di dimenticarlo. La chitarra elettrica e i synth sono un perfetto contraltare a una voce che altrimenti si scioglierebbe nella sdolcinatezza.
Rob T. Strass, My own heaven. Un altro debut single orecchiabile per la sua patina vintage e d’altri tempi. “Watching myself get lost in hopeless dreams”: la narrazione verbale in prima persona viene sospirata in punta di piedi su corde e ritmi lisci e dreamy proprio per la loro sottigliezza.
Funeral Lakes, Golden season. Il duo di Toronto si trova a proprio agio nel perdere l’equilibrio tra folk e post-punk, in qualche modo risultando sognanti: un mix tra il rumore di fondo dei Velvet Underground e il substrato pop degli Arcade Fire. Power Trip è sicuramente la traccia da non farsi sfuggire.