Cronache post rock. La grammatica dei riverberi

Gatto Ciliegia Contro Il Grande Freddo

La prima volta senza l’autocertificazione. La prima passeggiata con la mascherina addosso. La prima volta dal barbiere. Il primo spritz da bere con la mascherina sul mento. La prima cena con i congiunti. Il primo treno verso casa. Il primo giorno di lavoro in ufficio. La prima camicia acquistata in un negozio. Il primo cinque alto fatto con il gomito. La prima estate con la serie A in campo. La prima estate senza ferie. La prima estate senza concerti. La prima estate in questa nuova anormalità.

Airships On The Water, Folded into bells. Se ti piace The Album Leaf – altezza In a safe place, per intenderci – e cerchi un post rock che eviti gli immancabili salamelecchi e che dunque non sia fan service tutto crescendo e niente cuore, allora il nome che devi segnarti è quello di Airships On The Water, progetto solista del batterista statunitense Russell Hensley. C’è qualcosa di magico in questo disco.

Gatto Ciliegia Contro Il Grande Freddo, Superotto. In Italia il post rock non può prescindere dall’opera della band torinese. Superotto è una sorta di spora della colonna sonora di Per tutta la vita, film del 2014 di Susanna Nicchiarelli incentrato sul referendum sul divorzio. È una musica che persino i pigri di default (coloro che risolvono tutto mettendo un hashtag di comodo su quello che non capiscono) troveranno difficile da rinchiudere in un genere specifico, perché il suono dei Gatto Ciliegia rinnova continuamente la classica grammatica dei riverberi e riporta al centro della scena un suono disconnesso da ogni consuetudine.

Cabeki, Da qui i grattacieli erano meravigliosi. Cabeki riesce a raccontare la modernità di questi anni senza bisogno di usare parole. Ascolti la sua musica – una somma bel calcolata di post rock smontato da ogni standard, folk nella sua essenza più pura, sperimentalismo senza mezzi termini – e immediatamente la tua città svela tutte le sue dinamiche di frenesia imposta e di felicità forzata: eppure c’è poesia ovunque, anche nella fredda imperturbabilità di questo skyline disegnato con vetro e acciaio.

Homem Em Catarse, Sem palavras, cem palavras. Dal Portogallo arriva un progetto molto particolare, un post rock a ranghi ridotti ma ad alta percentuale di emotività, tra sensibilità pianistica alla Rachel’s, drum machine appena accennate e un lavoro di chitarre che si inseguono sulla scia di riverberi lunghissimi e avvolgenti.