Kim Gordon oltrepassa i confini labili tra arti visive, musica, fashion, film, scrittura e performance e si prende il suo spazio all’Irish Museum of Modern Art di Dublino. She bites her tender mind è il titolo dell’esposizione poetica dell’icona dei Sonic Youth, visitabile fino al 10 novembre, imprescindibile meta per chi si troverà nei paraggi da qui a un mese. Nuovi dipinti e disegni, sculture in ceramica, installazioni e proiezioni immersive: Kim Gordon ha adottato un approccio olistico, erigendo la narrazione di uno spazio domestico immaginario, al contempo poetico e punk, che porta con sé un’atmosfera viscerale e sognante. L’arte, sostiene Kim Gordon, le ha sempre indicato una direzione da seguire, anche nei momenti più caotici. Lo spazio, composto da quattro piccole stanze interconnesse, viene trattato dall’artista come un contemporaneo Airbnb o Homestay, ovvero come uno di quei luoghi da lei assiduamente frequentati, avendo viaggiato innumerevoli volte. Le opere d’arte assumono quindi la funzione di decoro di spazi altrimenti standard e impersonali, simbolo di un lifestyle ideale e commercializzato.
Si ha la sensazione di essere dislocati in un’architettura quasi familiare ma allo stesso tempo alienante, tra glitter e abiti fissati ai muri bianchi di piccole stanze dall’aria domestica. Il motivo del corpo femminile trattato figurativamente si sovrappone a tele dipinte con scritte orfane e scorporate le une dalle altre, parti di un’unica e iconica frase: “She bites her tender mind”. La stessa mostra prende questo titolo in riferimento a Saffo, la poetessa greca di Lesbo da sempre simbolo di desiderio e amore tra donne. Le opere più recenti, in particolare Lay down thy limbs (2019), vedono l’artista misurarsi ancora una volta col tema del corpo in un’accezione femminista: utilizza inchiostri metallici e pigmenti d’interferenza, dipinge su carta da lucido per dimostrare che andare oltre gli schemi, nell’arte, non è un affare solo per uomini. Culturalmente non diamo la possibilità alle donne di essere libere come desiderano, perché ciò spaventa, dice Gordon, che con la sua arte rende visivamente concreta quella libertà di cui parla. Gordon desiderava immedesimarsi nella poetessa Saffo, desiderava sentire se stessa dentro di lei. Similmente, ha provato a localizzarsi e a immaginarsi in un Airbnb e si è proiettata in uno strano posto decorato da arte stramba.

Il viaggio culmina nell’immersiva proiezione a tre schermi dell’ultima stanza: Proposal for a dance (2012), un gesto anti-pop di Kim Gordon ed Eleanor Erdman, entrambe vestite di chitarre elettriche, per creare suoni dai movimenti istintualità e incontrollati. Ancora una volta il corpo è il vero protagonista, un tramite tra anima e strumento, estensione della mano di chi l’arte la sa sentire oltre che fare.
