Martedì dream pop: Shoegaze Blog ti dice grazie

Molly

Sono rimasto alla larga per circa un mese da Shoegaze Blog: l’ho osservato da lontano, ho riletto le prime robe che avevo scritto e ho riascoltato dischi di cui mi ero quasi dimenticato l’esistenza. Ho provato a vedere da fuori che cosa vuol dire scrivere di musica shoegaze in Italia: è una guerra di logoramento, come tutte le cose che nascono dal nulla e crescono sul niente. Ma è anche un gran divertimento: è un viaggio sgangherato – però vero e senza filtri – quello intrapreso due anni fa da questo piccolo sito. Grazie allora per aver seguito Shoegaze Blog, grazie per la passione che hai dimostrato nei confronti di questa musica, grazie per le parole gentili che hai scritto via email o via Facebook. Questo sito, credimi, ne ha davvero bisogno: ora più che mai. E non finisce qui.

Molly, All that ever could have been. Sono decenni che non vado in Austria. Era un luogo della mia infanzia, in quegli anni Ottanta in cui tutto in fondo sembrava destinato ad andare sempre meglio, in cui le prospettive volavano alto, ben oltre il mio sguardo, molto più in là dei miei sogni. Oggi l’Austria è per me una coincidenza persa, un ricordo senza contorni e senza eredità: si cresce, si cambia, si vive. Mi manca Innsbruck, mi manca respirarne l’aria sottile, fresca, accogliente: mi manca la spensieratezza di un tempo. I Molly sono un colpo al cuore pesantissimo e leggerissimo, dunque: tra dream pop e post rock, tra Sigur Rós e trent’anni di riverberi volati via troppo presto, questo duo magico e totale mi regala una nostalgia dolce, in cui tutto fa un po’ male, ma niente fa male davvero.

Blush Response & Warm, Blush Response & Warm. Questo split tra gli australiani Blush Response e i newyorkesi Warm è la carezza gentile che serve in certe sere d’estate, in cui ti affacci alla finestra e vedi la città che si muove piano e che sonnecchia senza dormire, come se fosse in attesa di un bel sogno, da afferrare prima che scivoli alle prime luci del mattino e raggiunga altri posti, altri pianeti, altri universi.

Drowse, Light mirror. Ho cercato di comprendere perché l’estate sia un mito ostile e senza senso, un feticcio reazionario che risponde a logiche di marketing e di plastificazione pop che appiattisce il pensiero e mette al bando la malinconia – come se la tristezza andasse in vacanza solo perché lì fuori ci sono trenta gradi. Poi mi sono guardato allo specchio e ho scoperto la tragica verità: ho la panza e non ho voglia di sottopormi alla gogna della prova costume. Meno male che gli americani Drowse (che Kraus aveva segnalato a Shoegaze Blog lo scorso anno) mi regalano la musica che cerco per dare un tono avant-garde alla mia crociata contro la presunta bella stagione: slowcore, dream pop, inquietudine e crepuscolarismo. Gran disco.