La Grecia e la musica shoegaze più anarchica che c’è

Foto di Ilaria Sponda

Atene è così: consente a tutti coloro che arrivano di sentirsi felici e sradicati da ogni costrizione. L’atmosfera imperante – che si parta per un’isola o che si visiti qualche altra città della Grecia – è quella di una densa nostalgia, scandita da un tempo che scorre fluido e umido, secondo per secondo. Ecco allora cinque canzoni greche in cui ho ritrovato sia le sensazioni lasciate in sospeso durante un finale d’estate intenso che le vibrazioni rimaste incrostate sui muri di Exarcheia, il quartiere anarchico di Atene, lontano da ogni circuito tipicamente per turisti.

Ethereal Movement, Inner light – Questo duo new wave propone un brano post punk dalle note dark, dalle graffiature elettroniche e dalla voce lamentosa. Non c’è maturità: è questo che mi piace. C’è invece anarchia, c’è libertà. Non esiste un solo modo di ascoltare il pezzo, perché i suoni corrono sempre su due binari: ritmi dissonanti e melodie acerbe che vanno in superficie o in profondità, come in un continuo contrasto. Non c’è cosa più bella che essere autentici in un mondo di raffinatezze poco comunicative.

Strawberry Pills, Verbal suicide. Come una tempesta che arriva minacciosa dal mare aperto. Il cuore non si intimidisce, si fa cullare da questi suoni eterei eppure radicati in un terreno dissanguato. La voce aleggia pesante, evocata dalle profondità di un’anima sporca di catrame, e si confonde col paesaggio sonoro lasciando da parte la poeticità.

The Fog Ensemble, BreatheChiusura dell’album Throbs del 2018, Breathe si presenta soffocante e costellata di suoni elettronici ovattati. Il viaggio continua vivido, alla ricerca di una soluzione, di un’apertura, di un respiro. La fine è incalzante, si spoglia di qualsivoglia veste spettrale. Le distorsioni shoegaze, la ritmica rock e il basso dark wave rendono il brano ben confezionato e coerente in tutta la sua durata.

The Rattler Proxy, Company of wolves. Gerard Papasimakopoulos (voce) e Lucas Savidis (synth) si possono dire infatuati dalle colonne sonore dark e pesantemente sintetiche di John Carpenter. Tra melodie distorte e synth retrofuturistici, la loro musica, figlia di Atene, è una sorta di visual dei vicoli della città imbrattati di scritte, ma anche eco della brezza serale proveniente dal Pireo.

Vello Leaf, Bitter“Mornings, warm nights, music, since we crossed the line”. Classicamente dream pop dall’inizio alla fine, dalla musica alla voce e al testo. Mi piace: il sound cinematico, la melanconia che traspare dalla linea vocale, la dolcezza propria di chi lascia qualcuno cui ci si sente follemente e strettamente legati. Non resta che ricordare “le mattine, le notti tiepide, la musica, dal momento in cui abbiamo superato il limite”. Non mi piace: la raffinatezza di una voce troppo femminile e lucida, posizionata a un livello troppo superiore e distaccato rispetto ai suoni che si intrecciano.