Prima di essere Zucca: il passato shoegaze di Jeff Schroeder degli Smashing Pumpkins

(foto: The Lassie Foundation - Facebook)

Nel video di Tarantula, canzone degli Smashing Pumpkins contenuta in quel Zeitgeist che nel 2007 sancì il ritorno della band (e che non fu accolto benissimo dalla critica), si vedeva Billy Corgan circondato da un mucchio di persone che suonavano chitarre, bassi, batterie. C’era persino qualcuno che faceva finta di cantare proprio come lui.

Mi ricordo di quella canzone per due motivi. Il primo è che il disco di cui faceva parte uscì il 7 luglio 2007, ovvero un triplo 7 che schiva il satanismo ma che potrebbe far partire ugualmente la brocca ai fanatici della numerologia – a me di sicuro ha fatto questo effetto. Il secondo motivo è il tipo di messaggio che Billy Corgan voleva apparentemente trasmettere: le immagini di Tarantula sembravano suggerire quello che, in fondo, già si sapeva da tempo, e cioè che Billy Corgan è gli Smashing Pumpkins, a prescindere da chi suona accanto a lui. Se Corgan infatti era perfettamente riconoscibile nei quattro minuti scarsi della canzone, lo stesso non si poteva dire per il resto della band: non c’era James Iha, non c’era D’arcy, non c’era nemmeno Melissa Auf Der Maur. C’era solo Jimmy Chamberlin e poi c’erano altri tizi che, nel videoclip, restavano abbastanza confusi tra la massa di figuranti, a malapena distinguibili per il colore bianco dei loro vestiti – un dettaglio che comunque sfuggiva a un primo sguardo. Che fossero poco più che turnisti, insomma, era ovvio già da Tarantula, ma solo negli anni questa precarietà sarebbe risultata evidente, dato che sono saltati tutti quanti, uno dopo l’altro, un disco dopo l’altro.

Jeff-Schroeder
Jeff Schroeder (fonte)

Tutti, tranne lui

Quello che suonava la chitarra vestito con un mantello stile Dracula era Jeff Schroeder. All’inizio sembrava destinato ad avere il ruolo di comparsa sottodimensionata sul palco come su disco, un po’ come è successo a David Pajo nell’era Zwan. Jeff invece a poco a poco è diventato l’unico punto fermo artistico di Billy Corgan, persino più di Chamberlin. Tanto che il leader degli Smashing Pumpkins ha tenuto con sé Schroeder anche per la ricostruzione della band con i membri originari (esclusa D’arcy, ovviamente). Dal vivo Schroeder ha dimostrato di essere un ottimo musicista, entrando perfettamente nell’atmosfera dei brani del repertorio storico dei Pumpkins: d’altronde in tempi non sospetti Schroeder aveva detto che tra i suoi album preferiti c’erano Gish e Siamese dream. Quello che però forse non tutti sanno è che Schroeder è stato membro di un gruppo indie rock con parecchi punti di contatto col pop anni Sessanta e con lo shoegaze anni Novanta: i Lassie Foundation. Una band straordinaria che ha raccolto meno di quanto avrebbe meritato ma che comunque è riuscita a tirare fuori una serie di canzoni molto belle, alcune decisamente sopra la media. Fatto curioso: mentre l’esperienza dei Lassie Foundation stava lentamente andando incontro all’epilogo, Schroeder ha iniziato un dottorato in Letteratura comparata alla Ucla e ha studiato anche il coreano. Poi però è arrivato Billy Corgan e la vita di Schroeder ha preso una direzione probabilmente imprevista.

Resta solo YouTube

Su Spotify non c’è più traccia delle canzoni dei Lassie Foundation – strano, visto che fino a poche settimane fa c’era la raccolta Through and though – mentre su Apple Music è presente soltanto un ep del 2008, Jetstreams, three wheels. Nemmeno il sito ufficiale viene in soccorso: è poco aggiornato (c’è persino il MySpace della band), ci sono link ancora attivi per comprare biglietti di concerti risalenti al 2009 (tra cui uno con gli Amusement Parks On Fire) e zero possibilità di acquistare gli album. Resta insomma solo qualche video su YouTube con tanti saluti all’eredità di una band piccola ma tutt’altro che superflua. Tra tutti i dischi quello che mi piace di più è forse Pacifico, che riassume benissimo le due anime del gruppo – la melodia semplice, l’arrangiamento denso. È anche quello che traccia con una certa maturità una via di fuga dallo shoegaze propriamente detto, anche se un pezzo come El rey – stupendo – è dream pop cristallino.

Ma se devo dire qual è il mio brano preferito in assoluto dei Lassie Foundation, opto per I can be her man: una gemma shoegaze che brilla a distanza di anni e non smetterà mai di perpetrare la magia di quello che continuiamo ostinatamente a chiamare punk per introversi. Schroeder non era nella band quando è stato registrato questo pezzo, ma comunque I can be her man resta una testimonianza importante del tipo di musica che l’attuale chitarrista dei Pumpkins cercava prima che il corso degli eventi ribaltasse completamente le sue prospettive di uomo e di artista. E prima che ribaltasse anche il suo stesso suono.