Due artiste molto diverse, ma entrambe caratterizzate da una spiccata sincerità emozionale che inevitabilmente si riversa nelle canzoni che propongono. Per il tuo amichevole Shoegaze Blog di quartiere Maria Somerville e Leona meritano tutta la tua attenzione. Premi play e lasciati guidare dal riverbero.
Maria Somerville, Luster
Ascoltare Luster è come percepire il respiro pieno di un paesaggio inquieto e bellissimo, come certi ricordi sfocati e misteriosi che si adattano al tuo umore e ti portano nel luogo esatto in cui avevi bisogno di tornare, anche se non sapevi più quale fosse. Nel caso di Maria Somerville, il posto magico è la sponda del Lough Corrib, in Irlanda: lì l’artista ha il suo studio di registrazione ed è in quel contesto che vive una quotidianità dal passo lento, ben sincronizzata con le canzoni oniriche di un album in cui il dream pop dei Beach House e dei Cure e il folk siderale di Grouper diventano una colonna sonora unica, diversa ed emotivamente intensa. Un album non racconta storie: le suggerisce, e lascia che tu ci metta il resto.
Leona, Paradise
Leona ha solo 21 anni e una vita già adesso segnata da una precarietà esistenziale che toglie il fiato. Convive con il disturbo da panico sin da ragazzina e questa canzone, Paradise, nasce durante una delle fasi più difficili, nel tentativo di trovare un momento di quiete quando niente intorno sembra sicuro. È una traccia con un arrangiamento sfumato e malinconico, stemperata da una vocalità limpida e nitida. Un accompagnamento delicato verso una via d’uscita necessaria, in cui l’etichetta dream pop porta con sé sogni, non incubi. «And now, I feel like I’m getting to experience the kind of lightness I missed as a kid», spiega lei. La raffinata delicatezza di questo singolo – un po’ Mazzy Star, un po’ Phoebe Bridgers – ci dice che la cantautrice tedesca ha ritrovato se stessa e una felicità che sembrava esserle negata. Un brano che non chiude le ferite, ma se ne prende cura, finché non bruciano più.
