Intervista: Foreverboymush, Saint Abel, Moskova Div. Lo shoegaze ai tempi di TikTok

Foto: Giacomo Gianfelici

La storia che lo shoegaze è di gran moda su TikTok è vera, basti pensare al successo che ha ottenuto Wisp con una canzone diventata popolare grazie al social network più rilevante di questi anni. È interessante però notare come la tendenza stia cominciando a far breccia anche dalle nostre parti, grazie a tre giovanissimi artisti che hanno pubblicato alcuni singoli tra settembre e dicembre 2023 che sono diventati dei piccoli casi di viralità zoomergaze. Domani, venerdì 8 marzo 2024, Foreverboymush (ovvero Francesco Cingillo da Palermo), Saint Abel (Tommaso Orlandi, Rimini) e Moskova Div (Carmine Esposito, Napoli) pubblicheranno il loro album d’esordio, Chiaroscuro. Otto brani shoegaze cantati in italiano, un suono al tempo stesso abrasivo e delicato, uno stile che richiama tanto gli ormai riabilitati Whirr quanto (almeno in parte) i nostri Stella Diana e Neraneve. La title track è senza dubbio il pezzo con più impatto, ha l’epica malinconica del miglior Kraus, con una coda finale che lascia in sospensione accordi, armonie ed esistenzialismi senza età. Mentre Porpora, con quell’arrangiamento che ricorda When the sun hits degli Slowdive, potrebbe diventare il centro di gravità permanente delle loro scalette. Il vostro amichevole Shoegaze Blog di quartiere (qui in versione nonno indie) non poteva esimersi dall’approfondire.

Com’è nato questo progetto?

Foreverboymush: «È nato in maniera spontanea intorno al settembre del 2022. Doveva essere una collaborazione fra noi tre, dato che ci piacciono le stesse sonorità e veniamo da SoundCloud, solo che su quella piattaforma va per la maggiore la musica elettronica. Il progetto poi è andato al di là di ogni aspettativa. E noi di aspettative non ne avevamo nemmeno una».

Perché non avete un nome di band?

F: «Perché si pensava a qualcosa che doveva durare solo il tempo di un ep. I primi brani erano stati rilasciati con i nostri nomi d’arte e non è stato più possibile cambiare. Non è detto che in futuro sarà ancora così».

Farete come Theø, Plant e Fiks che sono partiti con tre nomi e adesso sono La Sad? Diventerete La Gaze?

F: «Probabilmente sì» (ridono).

Saint Abel: «Chiaroscuro è un self titled album. Il nome che si presta di più al progetto è Chiaroscuro. Magari useremo questo».

Lo zoomergaze non è un genere, ma una sottocultura di internet

Vi sentite più zoomergaze o shoegaze? E qual è la differenza?

SA: «Zoomergaze non è tanto un genere musicale quanto una sottocultura di internet che si è diffusa dal 2021 con gruppi come Julie, Glixen, tutta quella scena di Los Angeles. Le influenze sono quelle dello shoegaze e del grunge, soprattutto da un punto di vista estetico oltre che musicale. Il tutto in una chiave un po’ più digitale, anche perché c’è una grossa componente digitale nei nostri pezzi».

Tipo batterie elettroniche?

SA: «Esatto. Ma anche con alcuni effetti per sporcare il master. Abbiamo un problema a identificarci con le categorie, di post shoegaze se ne parla da anni. Alla fine non credo che Chiaroscuro sia un disco propriamente shoegaze, benché abbia delle componenti sonore di quel tipo.  A noi piacciono anche altri generi che orbitano nei primi anni Novanta, come lo slowcore e il dream pop, non solo My Bloody Valentine o Slowdive. La moda dello shoegaze ha preso piede nella promozione su TikTok e sui social in generale».

La copertina dell’album

Perché lo shoegaze sta avendo una seconda giovinezza su TikTok?

Moskova Div: «È un manifesto generazionale, lo shoegaze. C’è molta disillusione per via dei cambiamenti socio-economici, quindi si trova un rifugio in questa musica da introversi. Ci sono i testi malinconici, un certo grado di oniricità nei suoni e soprattutto le chitarre che arrivano in faccia, come un pugno fortissimo nei confronti della vita. È spettacolare che lo shoegaze stia tornando».

Prima di Chiaroscuro che cosa facevate?

F: «Il mio primo album può essere definibile post punk o emo, ma ho sperimentato con l’elettronica».

SA: «Il nostro è un percorso durato anni, siamo passati da generi come trap o cloud rap all’hyperpop, ma siamo sempre stati molto più tendenti all’emo. Potenzialmente siamo sempre stati questa cosa che è venuta fuori con Chiaroscuro».

Ho purtroppo 24 anni

Quanti anni avete?

SA: «Io 21, Moskova Div 20».

F: «Preferirei non rispondere. Comunque ne ho 24, purtroppo. È finita».

Purtroppo?! Lasciamo perdere che è meglio… Che cosa serve, musicalmente parlando, per entrare negli algoritmi di TikTok?

MD: «Un muro di suono fuzz. La musica shoegaze che sta trendando è quella del 2010 o giù di lì, quindi Whirr e Nothing, con queste chitarre molto fuzzate e voci affossate. Un pezzo deve essere colorato, ma al tempo stesso bello carico».

F: «C’è però molta disinformazione su TikTok, ora si tende a definire shoegaze qualsiasi chitarra distorta. Mettono dentro pure i Deftones».

Da come lo raccontate sembra semplicissimo diventare virali su TikTok.

SA: «Il riscontro di Chiaroscuro è stato casuale, non era premeditato».

F: «Inizialmente TikTok ti spinge solo nel tuo Paese, però dopo una certa soglia di like ti fa girare anche all’estero. In quel momento è cambiato un po’ tutto per noi. Alla gente importa relativamente dei testi, anche se sono una delle cose più belle dell’album».

Siete d’accordo con James Blake, che ha dichiarato che TikTok di fatto non paga i musicisti?

F: «Sono d’accordo, personalmente non ho mai visto un centesimo, nemmeno dopo un milione di visualizzazioni con i miei video. Non è un social da usare per generare dei profitti, ma per trovare un target di persone interessate a ciò che fai e spostarle su altre piattaforme».

Ci sei riuscito?

F: «Sì, da TikTok abbiamo portato gente ad ascoltare i brani su Spotify, Chiaroscuro ha quasi raggiunto centomila ascolti, senza TikTok non ci saremmo riusciti. Ma il rischio è che proprio su TikTok gli utenti non sappiano che sei tu l’autore del brano».

È inevitabile parlare d’amore

Nei testi sembra emergere con forza il tema dell’amore, filtrato attraverso il rimpianto.

SA: «I testi li scriviamo io e Francesco. La classica canzone d’amore non mi interessa. È banale. Però è inevitabile parlare di amore, perché va di pari passo con il concetto di bello e ogni nostro brano, ogni mio testo verte sul creare uno scenario che sia il più idilliaco possibile, onirico. Anche nel nome Chiaroscuro c’è qualcosa che dà l’idea di astratto, di dinamico, di non preciso, di qualcosa che non si può dire. Alla fine Chiaroscuro è questo, un argomento che va oltre il linguaggio. Un senso di spaesamento misto a stupore, al sublime».

E l’aspetto del rimpianto?

SA: «C’è il rimpianto, ma non di un momento in particolare».

Voi siete molto sincronizzati con internet, eppure nei testi non c’è nessun riferimento alla modernità, a parte un oblò di Ryanair.

F: «Sia a me che a Tommaso piace scrivere in maniera evocativa e onirica».

SA: «Il progetto va al di là della modernità. È vero che c’è un contrasto ed è vero che siamo Gen Z: postiamo tutto il giorno sui social, però cerchiamo una nuova forma di romanticismo».

Fuori dai social?

SA: «Non usciamo mai da quella dimensione, siamo perennemente online, però in un modo diverso. È come se internet fosse un non luogo, sciolto da ogni riferimento contemporaneo».

Foto: Giacomo Gianfelici

Suonerete dal vivo?

MD: «A breve raggiungerò gli altri trasferendomi a Bologna, cercheremo di dare un tono al nostro live che non sia prettamente tecnico quanto emotivo. Vorremmo un’esperienza che vada oltre il fare la canzone e basta. Tra i miei pedali c’è uno Space Echo Re20, è stupendo, ti permette di creare feedback spaventosi. Cose che non necessariamente sono state fatte così nell’album».

E che formazione sarà?

MD: «Batterie in sequenza, io alla chitarra, Francesco voce e chitarra, Tommaso voce e synth».

SA: «Al basso ci sarà la mia ragazza, Sara, che ora è coinquilina di Francesco. Ma siamo aperti a collaborare con un batterista e anche con un sassofonista».

Ultima: so che avete il pedale Shields Blender ideato da Kevin Shields. Ecco, vale i 300 euro richiesti?

F: «Secondo me sì, però è un pedale più in ottica da studio. Quando suoni dal vivo è un po’ un casino premere tutti quei tasti. Però magari lo userò facendo un preset fisso di fuzz».