Lunedì shoegaze. Ortodossia vs. rivoluzione

La copertina del disco dei Color Crush.

Una vecchia canzone di un gruppo che oggi nessuno ricorda più, i Grenouille, aveva un ritornello clamoroso nella sua semplicità: «Milano sta bruciando, ma non mi sposterò». Milano da sempre è una città di scottature, cicatrici, opportunità e ripartenze: vivere la densità delle relazioni sociali di questa città significa essere investiti da un flusso emozionale totalizzante, in cui sembra che esistano solo due opzioni: il tutto o il nulla. Nel dubbio, proviamo a prendere qualsiasi cosa capiti a tiro. Il resto verrà.

Sparkler, Big sonic chill

Gli statunitensi Sparkler sono il classico esempio di gruppo che non lascia spazio a giudizi sfumati: o con loro, o contro di loro. Lo stile shoegaze è talmente azzeccato e ortodosso da essere quasi calligrafico e dunque interamente rivolto alla comunità di riferimento. Detto questo, Big sonic chill è esattamente quel caos dolce che promette il titolo: un suono gigantesco, assordante, glaciale. E le canzoni sono davvero buone.

Color Crush, Moments

I Color Crush, dal Kentucky, fanno il botto con un disco tutt’altro che scontato. Video games è un brano per il quale non è facile trovare paragoni: le melodie vocali rimandano all’attuale tendenza emo che sta ridisegnando il pop punk da classifica, le densissime chitarre sono un vero e proprio fuoco shoegaze, le ritmiche ricordano vagamente certe robe trap. Detta così sembra qualcosa di assurdo e invece gira tutto bene. È forse l’esempio più evidente dell’approccio multitask e non dogmatico di un progetto che trascina lo shoegaze in direzioni inaspettate. Un disco sincero, intenso, interessante. E poi che bello il dream pop in caduta libera di (In the) fall.

The Backlash, Rise

Francesco Lucà, chitarrista dei Backlash, qualche tempo fa mi ha raccontato di essere sorpreso del fatto che la band sia stata per certi versi adottata dalla scena shoegaze internazionale, dato che a suo dire non ci sono molti punti in comune. In realtà le affinità elettive ci sono eccome, dato che il suono di Rise, il nuovo album, ha le stesse nobili origini psichedeliche di quello dei primi Verve (ma ha anche altro). E non è un caso che questo disco ci piaccia così tanto, allora.