Recuper(in)o shoegaze e dream pop. Uno stallo intermittente

Letting Up Despite Great Faults

Avrete notato che da qualche mese il sito salta le scadenze e dirada le presenze. È una situazione di stallo intermittente che è probabile che possa durare ancora per un po’, il tempo di finire un paio di progetti che mi riguardano. Nel frattempo però il vostro amichevole Shoegaze Blog di quartiere tiene le antenne ben sintonizzate: dovunque ci sia un bel fracasso o un astratto sospirone, noi ci saremo. Nel frattempo, ecco un recuper(in)o shoegaze e dream pop.

Sooner, Days and nights

I Sooner da Brooklyn con il loro primo album hanno imbastito bei ricami: dentro l’interpretazione vocale incorporea e accurata di Federica Tassano si muovono suoni dream pop andati, sensuali, con attenzione particolare ai secondari di contorno. Il genere, come sappiamo, deve molto ai Cocteau Twins (i Sooner con le loro armonie riescono a ricordare quel segreto) e poi ci stanno i Lush, Pia Fraus e i Cranes, ma con in più un’ottima e personale essenza. (Agnese Leda)

Letting Up Despite Great Faults, IV

I texani Letting Up Despite Great Faults sono tornati con IV, un album lucidato su corali chitarre indie che seguono audaci e irresistibili danze dream pop. Il brano di testa annuncia ed evoca la prosecuzione: un album chiaro, composto da tematiche riflessive, definito “beato”, con spilli del synth che – come notifiche polifoniche – tengono desta l’attenzione di chi ascolta. Bello poi l’approccio twee delle chitarre, con spleen gotico e voci riconoscibili e riconosciute, ovvero il sustain strumentale dei Blueboy, la dualità dei Raveonettes e la perdizione dei Secret Shine. Il frontman Mark Lee ci avverte, siamo mortali e limitati: «You reflect more about the people you love, why you love, how long you love», ha detto. (Agnese Leda)

Ohio Mark, Whoever

Secondo una delle battute più note nell’ambiente, lo shoegaze ebbe vita breve negli anni Novanta perché i giornalisti usarono tutti i sinonimi possibili della parola “etereo” e non sapevano più che cosa scrivere, così si dedicarono ad altro. Ora, dato che nel frattempo lo shoegaze è tornato a battere un colpo, bisogna attrezzarsi: per esempio, quali termini potrebbero andare bene per descrivere il suono del belga Ohio Mark? Rumoroso, emotivo, contundente, sottosopra, abrasivo? Di sicuro partiamo dalle zone bazzicate da Kraus, ma poi finiamo chissà dove, chissà come, chissà perché. Che bello.