È ormai pensiero comune che tutte le storie siano già state scritte. È qualcosa che mi fa riflettere e a volte mi incupisce: come dice Antonio Serra, uno dei creatori di Nathan Never, «se hai una buona idea ce l’hanno avuta altre tre persone prima di te, se hai un’ottima idea ce l’hanno avuta altre sette persone prima di te». Pare insomma che non ci sia più nulla di nuovo da inventare. Non si può più essere originali o speciali, tutto è la ripetizione di qualcosa, che una persona ne sia consapevole o no. Penso spesso che probabilmente nemmeno Dio è originale, lui che viene rappresentato dagli esseri umani attraverso l’arte: sempre diverso, eppure sempre lo stesso. In ogni cosa che scopro quotidianamente c’è un guizzo inedito a volte nascosto, altre volte lampante e in attesa di essere svelato. La novità perpetua nel mondo è data dalle persone: le loro intenzioni sono alla base di tutto. E la musica, quella buona, ce lo ricorda, sempre.
Toygirl, Water
L’ultimo singolo di questa giovane band di Dublino è come un cubo di Rubik: poliedrico e magico, interessante nella sua complessità. È un’architettura di atmosfere sonore ambient, elettroniche e alt-pop che si sviluppano e si evolvono. Un’ode all’amor proprio, alla cura di corpo e anima come fiori delicati da nutrire. Ancora una volta i Toygirl affermano di conoscere il pop anni Ottanta e sanno rimaneggiarlo, modernizzarlo, contaminarlo.
Velveteen Echo, Mirrors/Myths
Ritmi atmosferici, riff bedroom pop e strutture musicali anni Novanta: il primo album di questa band texana è una chicca che non se ne andrà velocemente dai tuoi pensieri. I ritmi intricati ricordano le sonorità delle Warpaint e stanno in equilibrio tra un’estetica dark molto vicina a quella dello shoegaze giapponese e una calda nostalgia tipicamente occidentale. Ogni traccia è una storia a sé, ma c’è sempre un filo rosso che le collega e si nasconde in mezzo all’analogica poesia delle chitarre.
Ian Sweet, Show me how you disappear
La losangelina Jilian Medford pare un’icona dream pop. Ascoltando il suo terzo album si percepisce un’inclinazione innata per tutto ciò che concerne il pop alternativo, le vibranti e luccicanti melodie dreamy e l’elettronica. Questo album è come il frutto di una terapia, il processo intercorso tra una crisi psicologica e i successivi tempi di ripresa e ricostruzione di sé. L’album è denso e ha la capacità di lasciare spazio per la meditazione e la riflessione, come un ponte proiettato su un futuro incerto ma illuminato da una tenue speranza.