Cronache post rock. L’oceano non se ne va mai

Fleur

È strano vivere a pochi chilometri dal mare e non poterne apprezzare la compagnia per via delle misure restrittive. Non si può lasciare la città, lo capisco, però ho la sensazione che più attendo e più cresce la possibilità che l’oceano si consumi, come un amico che ti aspetta troppo e non vedendoti arrivare si sente ferito. Poi penso a una delle ultime volte che l’ho osservato, dal vivo: era lì in tutta la sua maestosità e potenza – qualcosa di magico che raggiunge solo nei mesi invernali – e ci è voluto meno di un secondo per sentirmi di nuovo bene, piena di vita ed energia. L’oceano è un po’ come una calamita da cui si è sempre attratti, un’anima gemella, un richiamo più o meno lontano che riporta allo stato di quiete a cui tanto aspiriamo. E la cosa bella è che non se ne va mai.

Yueh, Sant’Anastasia

L’ultima uscita del cileno Diego Renato Nuñez è una bomba a orologeria. I suoni ambient e le melodie post rock si intrecciano pian piano per tutto l’ep fino a diventare sempre più fitti e complessi. Il tutto risulta coeso, come se fosse un’unica traccia di una ventina di minuti. Disimular scandisce il tempo e mischia le coordinate, sembra fondere un passato lontano con un futuro fantascientifico. Da non perdere: Cormorant e Thumos.

Fleur, Caring about something utterly useless

Il suono dei torinesi Enrico Dutto e Francesco Lurgo è un esperimento sui limiti comunicativi delle parole: dove non arrivano loro, arriva la musica, capace di narrare l’indicibile. L’ep disegna un moto continuo di livelli alti e bassi, come maree instancabili. La freddezza e apparente incomunicabilità della programmazione elettronica svela in realtà i lati più oscuri dell’umanità.

Artichokes, Alle stelle

Il terzo singolo tratto dall’album Flashbulbs (in uscita il 14 maggio) è una poesia tutta in italiano accompagnata da versi strumentali, scarni di decori e abbellimenti e saturi di essenzialismo. La struttura del brano risulta eclettica per il susseguirsi di variazioni tra i loop di ritmi e di pause. Ci si perde davvero, come dice il testo, un po’ tra il vuoto e le stelle lucenti.