Da qualche tempo non sono più in grado di leggere da vicino senza l’uso degli occhiali. Se non li indosso non trovo il lato A e B di un vinile, faccio tanta fatica con i trafiletti delle mie riviste di musica e altre piccolezze che non sto ad elencare. La vista per me è un superpotere. Sono inoltre appassionata di profumi e, dunque, amo anche l’olfatto perché è evocativo. In senso figurato lo immagino come un’impiegata di un archivio storico che consegna alla mia coscienza, con faccino soddisfatto e sorridente, fascicoli di esperienze e cose vissute.
Con il profumo del petricore torno subito a tutti gli autunni della mia vita. Il cambio repentino del cielo diventa il momento migliore della mia giornata. Tutto diventa strano, diverso, inquieto, insolito, misterioso e quindi più bello. I colori del cielo modificano qualcosa dentro di noi. La scorsa domenica è stato possibile ammirare l’eclissi lunare totale, quando Luna, Sole e Terra sono in allineamento sullo stesso piano. La magia è la visione di un plenilunio che tinge di rosso Selene come a imbarazzarla, o a emozionarla per questo non raro ma sempre speciale incontro.
Ho il ricordo della mia prima eclissi di Sole. Per evitare danni alla retina gli adulti consigliavano di schermare la visione con la pellicola negativa delle fotografie. Si cercava tra gli scarti delle Kodak l’inizio di una pellicola, ovvero lo scatto iniziale che serviva ad assestare il rullino nella camera analogica. Le immagini erano: un pezzo di scrivania, la faccia turbata del commesso del negozio, il solito pezzo di giardino dalla finestra, il gatto impaurito, l’amica struccata, le scale di casa, la fiancata della macchina e tanti altri istanti inutili.
Settembre è il cielo che cambia colore, una foto che inizia un rullino, il profumo del nuovo e del diverso come le diverse e nuove uscite discografiche. Assestatevi come una macchina fotografica dei tempi veri, siate atipici e fate click sull’ascolto dei suggerimenti di Shoegaze Blog.
Stella Diana, Everything goes through the light
Gli Stella Diana hanno fatto parte della panorama italogaze e hanno dato impulso alla sua diffusione, ramificazione nel tempo e alla diversificazione sperimentale. La loro musica si è però avviata verso un misterioso processo di trasfigurazione connaturato sia alla forte personalità matura del gruppo, in particolare del chitarrista e cantante Dario Torre, che alla collisione creativa tra membri. La luna rossa che emerse dagli orizzonti underground del sud Tirreno già nel lontano 1998 ha subito una splendida eclissi che ha velato gradualmente il progetto totalmente in nero. Oggi è chiaro come la luna che gli Stella Diana siano un gruppo post punk inserito nel panorama shoegaze, da cui col tempo si sono naturalmente distanziati. Il passaggio è spiegato anche nella bellissima raccolta All that matters is the new uscita nel 2024, che in estratto, come preziosa urna cineraria, racchiude la loro lunga storia. L’album Nothing to expect, uscito nel 2022, sembrava già aver chiuso tutte le porte gaze in favore di una più densa oscurità sonora, ma questo pare non bastare.
Trovandosi divisi tra Milano e Napoli, producono con tutti i mezzi possibili, tra distanza imposta e fugaci incontri, il loro ottavo album, Everything goes through the light, uscito il primo settembre e in vendita su Bandcamp. Un concentrato dell’essere post punk per devozione, ma con gran carattere. La porta si chiude. Buio è il timbro della linea ritmica, ormai distintiva, di Giulio Grasso, che accompagna in modo andante il forbito basso netto, pulito e giusto di Giacomo Salzano, mentre il canto di Dario si manifesta con valore quasi liturgico, celebrativo e solenne. Al buio conversano le sue chitarre, scambiandosi poesie notturne di delay e chorus maledetti. Io lo amo già tutto, ma White star, Moon behind bars, Goldberry e soprattutto No destiny lost sono il plenilunio sul mio cuore buio e colonna sonora per la mia grigia stagione.
Album che giunge agli shoegazer senza spiragli di luce distorta, ma che riesce a essere trasformativo, estasiante e malinconicamente chiuso come commiato.
Maquillage, ArMOR
È uscito a inizio mese ArMOR, l’album di debutto dei Maquillage, gruppo nato nel 2022 in Belgio dall’incontro tra la nostra Gioia Podestà (voci e chitarre) ex You Nothing, e Nick Symoens (basso e voci) uniti a Jeroen Huyzentruyt (chitarre), Walter Marantino (synth e tastiere) e August Corthouts. Il titolo dell’album fonde i termini AMOR e ARMOR, espressione ed esternazione massima dei sentimenti ma anche difesa e protezione da questi.
Sotto il sole basso e riverberato dello shoegaze e dream pop, e anche all’ombra del post-punk revival, sfolgorano tra questi brani riflessi personalissimi. Again, Cosmic circles, Drift e Desire si muovono in un mood melanconico, animation e fantasy. In Death from above, Are you safe? e Flowers i Maquillage si lasciano andare a un ritmo fatto di impulsi giulivi, come quando cerchi riparo da un temporale ma poi sei felice con i jeans bagnati e una piacevole aria fresca intorno. Impulsi proprio di Gioia, sì, esternati con la sua voce sincera da donna del rock alternativo pronta per ogni palco. Di fatto Moon, che già conoscevamo come singolo, è da ripetizione in radio, con note satelliti e un finale davvero sublime. Moon si oppone a Shadow che diventa eclissi di un film thriller, cattivissima in ogni suo aspetto.
Il disco è stato curato in ogni dettaglio dalla band stessa, senza mediazione, per le etichette Silverback Artist Collective (Belgio) e Shore Dive Records (Regno Unito). I Maquillage sono carichi e non vanno fermati neppure di fronte a una tempesta. Saranno presto ancora in giro e vanno seguiti nei live da spettacolo puro e nei loro prossimi lavori.
