Quarantena dream pop. La nostra narrazione vincente

La copertina del disco di Mykyta Tortora

Oggi al supermercato c’era meno gente, c’era meno affanno, c’era meno nervosismo. Milano attorno è sospesa in un mutismo assoluto, che è qualcosa che che mal si adatta alla narrazione vincente di una città che non conosceva pause pranzo né tempi morti, una metropoli in cui l’unica regola ammessa era sempre quella, la più spietata e disumana: chi si ferma è perduto. E in effetti il paradosso è che ci sentiamo un po’ tutti persi in un mondo che ci è momentaneamente sfuggito di mano, ma che non vediamo l’ora di riagguantare, perché il futuro fa persino più paura della quotidianità precaria che abbiamo vissuto fino a ieri. Ognuno di noi sta portando avanti il suo monologo di speranza o di rassegnazione, ma il dramma dei morti toglie fiato al buonumore. Restando nell’ambito che compete a Shoegaze Blog, quello della musica, chi lavora in questo settore  – a tutti i livelli, indotto incluso – sta passando settimane difficili e diventa complicato anche solo immaginare che cosa ci attende. Di recente, per esempio, ho intervistato Alioscia. Era preoccupato, come chiunque, e mi ha detto questa frase: “Ci ritroveremo da qualche parte, tra il cosmo e il baratro”. Ma quanto è lontano, adesso, il cosmo.

Nax, Congelado. L’apertura di Aniversarios, traccia iniziale del nuovo disco del progetto argentino Nax, riesce nell’obiettivo di creare un pezzo che unisca delicatezza dream pop e cazzimma post punk. Alza i volumi e scuoti più che puoi le tue ore immobili.

Mayu, Theia. Questo progetto nasce dall’incontro tra Gardy Perez dei portoricani Un.Real e Tom Lugo, anche lui portoricano ma di base a Philadelphia. Theia è dream pop sgranato e intensissimo, simile per affinità ai sogni al ralenti di Jefre Cantu-Ledesma. Bellissimo.

Mykyta Tortora, If there were. Nei brani di questo ep si sente la desolazione sonora di certi brani di Grouper – vuoti d’aria attorno e cuori sul margine di un precipizio – e va bene così, quando ti ritrovi in giornate vuote che hai bisogno di una melodia così fragile da volare via alla prima nota, ma così intensa da darti più di un motivo per stringere i denti e affrontare questi giorni imponderabili.

Gus Ring, For us lonely souls. Nella breve bio su Bandcamp, Gus Ring si definisce un outsider. Cresciuto come trombettista in un’orchestra, in seguito l’artista svedese è passato al metal e all’hardcore. Adesso forse ha trovato la sua dimensione: scrittura pop, profumo post rock, umoralità vagamente dark. Io direi Jeff Buckley + Sigur Ròs, ma andrei a spanne e lascerei per strada un bel po’ delle tante sfumature di questo songwriter fragile e prezioso .

Orator Fit, Excessive noise. Nonostante il titolo, il post punk degli Orator Fit non fa poi un rumore eccessivo e forse è quello il limite, nel senso che la band suona pulita, precisa, forse un po’ timida quando cerca di prendere le curve alla giusta velocità e con la giusta traiettoria. Ma quando accelera – per esempio nell’esuberanza indie rock di They’re back o nel post punk tarato bene di Shadows – trova la propria dimensione.

Favorite Obsession, Marshmallows. Dalla Repubblica Ceca, i Favorite Obsession tirano fuori un singolo delizioso e un po’ triste, una di quelle canzoni da ascoltare a basso volume nel cuore della notte, osservando dalla finestra un mondo sempre più ristretto e sempre più desolato a causa di un lockdown che prima o poi dovrà pur lasciare spazio a un briciolo di speranza.

Iben, Thunder. La definiscono “la nostra ballata dream pop/shoegaze alla Twin Peaks, forse esagerando un po’, perché a parte un’introduzione che sarebbe perfetta per il pubblico del Bang Bang Bar, nel brano mancano l’oscurità, il mistero, il riverbero sottotraccia e il brivido sottopelle delle canzoni di Angelo Badalamenti. Thunder però ha un’eleganza soffusa, una malinconia tenue che rende la canzone empatica e quindi perfetta per raccontare il nostro attuale smarrimento esistenziale.