Martedì shoegaze: il menù di oggi prevede eco, delay, fuzz, riverbero

Urali

Riprende l’appuntamento di Shoegaze Blog dedicato alle uscite discografiche più recenti in ambito shoegaze e derivati. Questa settimana c’è davvero tanta roba, molte novità e qualche recuperone, ché le uscite non si arrestano nemmeno durante le feste di fine anno e dopo l’epifania bisogna smaltire chili in eccesso e dischi in aumento. Come detto, il 2019 si preannuncia come un’annata molto importante per la musica in generale e per lo shoegaze in particolare: si chiude un decennio, si tirano le somme, si traccia una riga prima di andare avanti. Fatti trovare sul pezzo con questi primi album da ascoltare in un inverno che ancora non ha trovato il modo giusto di farmi dimenticare l’autunno, il suo cielo pastello e il suo respiro sfuggente.

Urali, Ghostology. Sono anni che mi interrogo su Urali, sulla sua musica strana, sul suo pop che si finge metal – o è il contrario? – e ti lascia strisce di lacrime sul cuore. Lo shoegaze qui è una sfumatura, un accenno, una virgola: forse lo trovi in mezza distorsione o in certi momenti imbizzarriti. O forse non ce n’è proprio. Ma è un grande disco e se in qualche modo ce ne appropriamo noi, allora dovrebbero farlo tutti: in Ghostology sembra esserci la storia di ognuno. Però raccontata bene, per filo e per segno.

The Ocean Boy, Rapture. Ep per questo duo romano, che si stabilizza sulle coordinate SlowdiveRide per tre brani di buon livello. La canzone che dà il titolo alla raccolta ha una certa potenza e la giusta padronanza di suoni ed emozioni. Ma è Scars/23 che ha le melodie sacrosante e le chitarre più toste. Bene così.

93millionmilesfromthesun, Echo delay fuzz reverb. Praticamente il menù perfetto. Il progetto britannico 93millionmilesfromthesun torna con un lavoro dalle premesse abbastanza bizzarre: fare un intero album usando gli stessi accordi per tutte le canzoni. L’idea è geniale e il risultato è sorprendente, anche se alla fine non tutte le tracce seguono le regole d’ingaggio e quindi qua e là ci sono variazioni. Di fatto, non sembra assolutamente di ascoltare lo stesso brano, semmai un unico, grande disco.

Trillion, Kusanagi. Dall’Australia, i Trillion hanno pubblicato nel dicembre del 2018 un nuovo singolo, che è tutto incentrato su ultradistorsioni e megamelodie. Questi ragazzi fanno uno shoegaze molto ritmato che gira che è una meraviglia.

Killing Surfers, Desmoronar. Dal Brasile, i Killing Surfers hanno un bel suono scuro e orecchiabile, sembra una versione post punk dei Drop Nineteens di Winona, c’è quello stesso sentimento di rivalsa e nichilismo accennato che solitamente rende grandi le canzoni. Niente male.

Candy, Beautiful shoes. Il titolo di questo ep sembra quasi uno scherzo, ma musicalmente i coreani Candy non scherzano affatto. Due canzoni di shoegaze di altissimo livello. E una di queste, Honey blue, intercetta la lezione di My Bloody Valentine e Slowdive – dai primi le svisate di chitarra, dai secondi la malinconia elevata a genere musicale – e porta tutto a un nuovo livello. Bellissima.