Questo lunedì abbiamo quattro band che propongono quattro diverse interpretazioni dello shoegaze: chi più arrembante, chi più sognante, ognuno di loro ha una propria voce, un proprio schema, un proprio percorso. Ciò che li unisce è ciò che rende lo shoegaze una musica ineguagliabile e bellissima: l’empatia e l’emotività. Sventoliamo il nostro vessillo, allora, e alziamo forte il volume.
Heaven Or Las Vegas, Abbronzatura
Il vostro amichevole Shoegaze Blog di quartiere può dire di essere al fianco degli Heaven Or Las Vegas sin dall’inizio della loro storia. Così fa davvero piacere risentirli carichi sui loro strumenti con un brano, Abbronzatura, che rappresenta anche un piccolo cambiamento sonico per la band. La prima metà, infatti, pare rivolgersi di più verso una certa idea di emocore italiano, versante Gazebo Penguins, mentre il divertimento gaze arriva intorno a metà traccia, con una coda strumentale che più va avanti e più diventa sognante e travolgente. Ottimo.
Korder, Falling awake
Prendi in parola quello che è stato detto in una trasmissione di BBC Radio 6 Music: «La canzone fa esattamente quello che dovrebbe sempre fare lo shoegaze, ovvero portarti lontano dalla realtà per un po’». Il duo britannico Korder tira fuori uno dei brani dream pop che ci porteremo a lungo durante questo 2024: se vuoi delle coordinate, prova a pensare a dei Beach House ancora più introversi. Se la malinconia è la tua bandiera, Falling awake sarà il tuo bellissimo inno nazionale.
Blushing, Sugarcoat
Il quartetto texano Blushing ha dalla sua tutti gli elementi che servono per dettare la linea nello shoegaze moderno: potenza, orecchiabilità, stile. Sugarcoat è probabilmente il miglior disco della band, caratterizzata da un range armonico niente male, che va grossomodo dai Lush ai Nothing, con tutto quello che sta nel mezzo. Quando caricano al massimo le distorsioni, in una sorta di riedizione gaze degli Smashing Pumpkins (è il caso di Silver teeth) diventano francamente irresistibili.
Softcult, One of the pack
«It’s hard to be gentle and live in a world where dogs eat dogs», cantano le Softcult nel loro nuovo singolo. E, come spesso accade con i loro brani, parole giuste per musica giusta. Il duo canadese è tra i migliori esempi del rock alternativo contemporaneo, un suono che sa essere al tempo stesso pop, indie, noise, dreamy, gaze. Stranamente sottovalutate – eufemismo – rispetto ad altri nomi che negli ultimi mesi hanno monopolizzato le testate musicali generaliste: e allora lascia perdere i fenomeni del momento e dai retta a Shoegaze Blog, che sa di cosa parla.
