The Veldt, “Illuminated 1989”. I viaggi nel tempo e la musica bella

La scienza non ha inventato i viaggi nel tempo, ma nulla ci impedisce di sognarli per vivere nuove atmosfere o per prenderci qualche sacrosanta rivincita. Uno dei modi migliori per viaggiare tra i decenni è farlo attraverso la musica. I cari Veldt, dal North Carolina, già amati nel ’94 per una gemma come Afrodisiac, ai vertici degli shoegazer con Jesus and Mary Chain, Cocteau Twins o My Bloody Valentine, alla fine del 2023 ci riportano all’anno in cui la Capitol Records seppellisce l’uscita del loro primo album Illuminated 1989 e il gruppo dovrà attendere il 1992 prima di vedere l’uscita di quello che poi sarà il lavoro d’esordio, il disco Marigolds. I gemelli Daniel e Danny Chavis, Hayato Nakao, Marvin Levi e Alex Cox ci ricordano insomma che nell’alt-rock non bisogna morire per veder riconosciuto il proprio valore, come invece è purtroppo successo con i Majesty Crush e il drammatico destino dell’etereo fantasma Dave Stroughter.

Il rumore lussuoso lo sanno fare, con l’appoggio non solo di Robin Guthrie, che ne decide la produzione nell‘89 e che si occupa della rimasterizzazione nel 2023, ma anche di Elizabeth Fraser, cammeo prezioso in Aurora Borealis. I Veldt vivono nel mood gioioso ed etereo di voci soul/gospel, nella devozione per la Motown, nel traumatico ascolto adolescenziale della psichedelia dei Pink Floyd: con le loro chitarre cocteau e i profondi groove di basso post punk, la band statunitense ci racconta di un disco perduto e poi ritrovato, una rinascita che gli ascoltatori apprezzeranno con curiosità, resistenza e stupore, condividendo uno scrigno che è parte della storia della musica mondiale.