Lunedì dream pop. L’ultimo lento dell’estate

Rubur

Tecnicamente non sono un boomer, ma di tanto in tanto il dubbio mi fa abbassare gli occhi per non guardare in faccia la realtà. Per esempio, qualche giorno fa, di ritorno dal supermercato, ho camminato come di consueto nel parco accanto a casa mia. Dei tizi che galleggiano a malapena sulla linea della maggiore età fanno giù e su con le gambe, tracciando in aria traiettorie eleganti con le braccia e seguendo ritmi squadrati e furbetti che negli anni Ottanta e Novanta non esistevano. Quando mi ritrovo davanti a loro con la schiena sudata e col passo zavorrato da sacchetti pieni di glutine e olio di palma, questi ragazzi si fermano per osservarmi come se fossi un cammello travestito da umarell. Ci scambiamo un saluto silenzioso prima di tornare alle nostre esistenze: io con i Flaming Lips in cuffia, loro con la musica di un presente che non sembra appartenermi più. Ma con le band del lunedì dream pop di questa settimana mi sento meno solo.

Rubur, 珀耳塞福涅的四季 Persephone’s Seasons. I cinesi Rubur sono la sorpresa della settimana: il dream pop malinconico di questo album – con accelerazioni brucianti – trova la sintesi perfetta nella traccia d’apertura, 凯洛斯 Part I (Kairos Part I), praticamente la Catch the breeze del 2020. Da ascoltare fino all’ultima lacrima.

DoZzz, Passage. I taiwanesi DoZzz si presentano con un bel disco che è il tentativo di una riscrittura del disciplinare shoegaze e dream pop: l’influenza che il rumorismo sordo e in reverse dei My Bloody Valentine esercita trasversalmente tra i brani è evidente, tanto che Passage va ascoltato come se fosse per certi versi un’unica canzone, ma i momenti dream contribuiscono a rendere omaggio ai primi Slowdive (Wandering / 徘徊).

Of House, Holy, holy b/w Little sister. Doppio singolo per questa band statunitense, che si lascia andare a ritmi vagamente motorik e ad armonie in attenuazione. Sussurri più che melodie, rimpianti più che malinconia. Meritano.

The Lost Boy, Nowhere remixed. Non so chi ci sia dietro questo progetto italiano, ma The Lost Boy è uno che evidentemente ci sa fare. Lo dimostra la nuova versione del suo disco del 2016, Walking nowhere, che è stato remixato da numerosi artisti internazionali, tra i quali Simon Scott, batterista degli Slowdive, che ha tirato fuori rumori e atmosfere claustrofobiche nel post punk futuribile di The morning sun.

Tymbro, Machines. La canzone numero due, You too, è la sintesi compiuta di M83 e U2, new wave orecchiabile ben costruita e molto sentita. Tymbro, ovvero Gianpiero Timbro, riesce nell’obiettivo di risultare credibile attraverso un suono che punta molto sull’epica e che, se non sai dosare gli elementi, ti porta nel burrone dell’autoreferenzialità. Pericolo scampato.

Wanda Hbr, In constant. Un progetto proveniente dalla Svezia, un post punk fragilissimo, quasi impalpabile, a bassa fedeltà ed emotivamente molto intenso. Bello.

Did You Die, We can do whatever. Il nuovo singolo dei canadesi Did You Die è perfetto per questa fine dell’estate: metti insieme i Jesus And Mary Chain con Julee Cruise e balla l’ultimo lento dell’estate con loro.